Ancora una volta ci troviamo a piangere morti sul mare. Vite a cui è stata negata una speranza, un sogno. Bambini che non hanno mai potuto assaporare la dimensione del gioco. Oggi piangiamo questi morti e lo facciamo in silenzio, con rispetto. Ma che questo silenzio di dolore duri solo per oggi perché è giunto il momento di far risentire la voce della società civile, di chi opera nelle politiche sociali e culturali.
Per troppi anni abbiamo chinato la testa sentendoci impossibilitati, non dico a determinare un cambiamento, ma neanche a far sentire la nostra voce. Rassegnati ad essere solo da supporto a chi è riuscito ad arrivare vivo sulle nostre coste.
Da domani dobbiamo far sentire una voce unica, se possibile, e decisa che prospetti un chiaro percorso che porti al superamento degli accordi con la Libia e con gli altri paesi che si affacciano nel mediterraneo e trattengono (in maniera disumana) in lager persone che anelano alla libertà, alla felicità. Bisogna pressare sui rappresentanti politici, che da troppo tempo hanno abdicato su questo tema, perché riportino la discussione nelle sedi parlamentari.
Che l’essere umano torni al centro del dibattito.
Da domani bisogna ritrovare la forza, e la ragione, per essere concretamente un faro, un porto sicuro, per le persone che vogliono realizzare un sogno.
Non sentiamoci esenti da colpe per tutto quello che è successo e succede perché, citando liberamente De Andrè,: “Per quanto noi ci crediamo assolti siamo per sempre coinvolti”