Lea è alla ricerca di una ragione, cerca di capire il perchè la madre Adele l’abbia sempre trascurata, ignorata, lasciata in ombra, resa per questo infelice. Sfiorerà soltanto la verità, comunque non riuscirà a perdonare, ma comprenderà che non c’è vita che non generi dolore che a sua volta non sia stata generata dal dolore degli altri. E’ una catena lunga e inestricabile, perchè le esistenze sono tutte individuali, ma poi si intrecciano, inevitabilmente. E’ un fiume di consapevolezza e di sofferenza quello percorso da Emma Di Rao nel suo folgorante romanzo d’esordio “Sui passi di lei”, Ianieri Edizioni, 2022. Gli indizi autobiografici sono tanti, l’insegnamento, la passione per la letteratura, la vita dentro l’arte. Compreso il forte desiderio del lettore, sempre più coinvolto da Lea, di vedere il suo Io narrante imporsi definitivamente. Una scelta stilistica che non arriverà mai. Poco importa, in fondo non esiste ispirazione artistica che non sia sempre personale. E, comunque, la scrittrice siracusana muove le sue pedine in maniera vorticosa, capace così di analizzare ogni personaggio da lei descritto in maniera avvolgente, senza fare sconti su esistenze vissute in bilico tra felicità ricercata e delusioni quotidiane. Le sue narrazioni si sviluppano tra descrizioni per immagini e analisi interiori che lasciano il lettore come preda di un thriller dell’anima che si dipana lungo sentieri inquietanti e privi di reticenze. Passato e presente dei protagonisti si intrecciano fino a comporre un quadro d’insieme che racconta al meglio il vissuto di ognuno di loro. Il romanzo della Di Rao è uno specchio della nostra contemporaneità, priva di certezza e per questo esposta a mille incognite e sofferenze. Lea, Grazia, Annabella, Adele, Leonina, sono tutte donne che non si rassegnano, che combattono per esistere e che, proprio per questo, spesso perdono, come inevitabilmente capita a chi non si accontenta di vivere una vita a metà. Non ci sono segni di reticenze in queste donne, solo lividi tracciati in una psiche travolta da mille ragioni difficili, se non impossibili, da comprendere. I personaggi maschili, Edoardo, Tommaso, Gabriele, Davide, non sono soltanto l’altra metà del cielo all’incontrario. Essi sono mossi dalla Di Rao come una sorta di cartina di tornasole per meglio evidenziare l’essenza femminile, in un gioco di ruoli fondamentale e impossibile da ignorare. Come in un film di Antonioni o in un dramma di Ibsen, il rapporto uomo-donna è la migliore condizione per esplicitare al meglio i caratteri dei due generi, così lontani eppure così necessariamente vicini. E la scrittrice siracusana attraverso una vicenda “borghese” racconta l’universalità del “dramma umano”, le sue forme, i suoi percorsi, nella consapevolezza di non poter esplicitare certezze e soluzioni che non apparissero poco credibili. Alla fine, Lea si abbandona alle sensazioni, sue e di chi le sta intorno. Lì sta la sua salvezza, lontana da una ragione che è servita a renderla consapevole ma non felice. Ed in questo senso l’intreccio metaletterario messo in campo dalla Di Rao, e che lascio scoprire al lettore, meritevole di questa Epifania, diventa testimonianza di quanto l’arte non sia solo una parentesi della nostra vita, ma una condizione necessaria per meglio definirla. La scrittura come terapia ma, soprattutto, come vita essa stessa.