Mentre scrivo è il quarto giorno di blackout di Libero Mail, del quale sono utente da anni. Le ultime informazioni fornite a tutti noi – pare siamo circa otto milioni – parlano di ulteriori attese di 24/48 ore. L’altra notizia diffusa è che non si è trattato di un fenomeno di hackeraggio, ma di un pasticcio combinato mentre si tentavano interventi, pare migliorativi.
Non intendo e non mi interessa intervenire sulle cause del fenomeno, quello che mi preoccupa sul serio, e mi induce ad una riflessione, è analizzare i suoi effetti, le sue conseguenze.
Se per me che utilizzo l’account solo per vari livelli di comunicazione ha costituito un forte disagio a cui comunque ho potuto porre rimedio senza particolari problemi, cosa ha determinato per le imprese quest’interminabile isolamento? Danni ingenti sulla cui quantificazione si scatenerà sicuramente una dura e lunga battaglia.
Ed ancora. Il lunghissimo blackout è la più forte dimostrazione di quanto sia pericolosa una gestione monopolistica di qualunque forma di comunicazione. Per uscire dall’isolamento è stato possibile – in questo caso – ricorrere ad altri gestori, ma cosa succede dove questa possibilità non esiste, dove il potere economico e/o politico autorizza o fa in modo che ci sia un unico canale informativo? Quel che è accaduto è la dimostrazione data dagli stessi strumenti tecnologici, con la loro efficienza/inefficienza, di quanto sarebbe antidemocratico ed anche antieconomico imporre bavagli o un’unica direttiva informativa.
La vita democratica deve reggersi sulla pluralità delle fonti, sulla possibilità di accedere senza veti alle informazioni e a diffonderle per un pieno esercizio delle libertà del cittadino. Padri e madri della Costituzione italiana hanno voluto mettere nero su bianco questo diritto/dovere scrivendo l’Articolo 21. Limitarne l’esercizio, come si sta ripetutamente tentando di suggerire, prima ancora di passare alla pratica, sarebbe una palese violazione della Carta su cui è stata costruita la Repubblica Italiana.
Questo vuol dire un grande rigore nella comunicazione, che va costantemente verificata, soprattutto per evitare i gravi danni causati dalle fake news o dai social utilizzati come strumento di odio, vendetta, diffamazione. Il rispetto dell’Articolo 21 significa anche che non deve essere consentito a nessuno di ricorrere all’alibi dei killer da tastiera per imporre vincoli. Né che vengano utilizzati come strumenti di lotta politica per poi, eventualmente, scusarsi.
Cogliamo, quindi, l’occasione fornita da questo inspiegabile blackout per rilanciare con forza i temi sui quali la nostra Associazione si batte ormai da vent’anni e sui quali, per fortuna, possiamo verificare un ampliamento di interesse da parte di chi crede convintamente nei valori profondi della nostra democrazia.