«You’re welcome!».
È questo il grido che arriva dal fondo della sala del teatro Miela a Trieste in occasione dell’anteprima mondiale di “Trieste è bella di notte” nel pomeriggio di domenica 22 gennaio. È rivolto ai sei giovani uomini protagonisti del film, che dopo la proiezione sono stati invitati a salire sul palco assieme agli autori Matteo Calore,Stefano Collizzolli e Andrea Segre, a Ismail Swati, mediatore culturale e aiuto regista, e a Nicoletta Romeo, direttrice del Trieste Film Festival, rassegna che ha ospitato fuori concorso questo lavoro. Una pellicola che racconta la Rotta balcanica attraverso la voce e le immagini di chi l’ha percorsa, ma anche la violenza istituzionale a cui le persone sono state e vengono tuttora sottoposte, per provare a superare, come ha detto Gianfranco Schiavone, presidente dell’ICS-Consorzio Italiano di Solidarietà, che ha collaborato alla realizzazione, quella cortina di silenzio omertoso che si è formata sopra questo fenomeno, del quale si parla ancora troppo poco. Soprattutto si tace dei respingimenti, le così dette riammissioni informali, che lo Stato italiano ha messo in atto al confine con la Slovenia a fine 2020, quando eravamo troppo presi dalla pandemia per rendercene conto, e che benché riconosciuti illegali da una sentenza del Tribunale di Roma il ministro Piantedosi ha recentemente dichiarato di voler riprendere. Respingimenti che come affermato da Amnesty International nella motivazione con cui ha concesso il patrocinio al documentario, rappresentano una violazione dei diritti umani, tanto più quando sono ben note le violenze che attendono chi viene respinto: si tratta di persone che sono in cammino da anni (da 9 uno dei protagonisti), che sono partiti ragazzini, quando non avevano neanche la barba, che hanno affrontato ogni tipo di difficoltà — bere l’acqua dei fiumi, cibarsi di foglie, camminare nella neve con le vesciche per dirne alcune — e subìto ogni sorta di tortura e di dolore, come ad esempio dover abbandonare un compagno morto, che hanno pensato più volte di rinunciare e tornare indietro, che prima di riuscire ad arrivare in Croazia hanno tentato il “Game”decine e decine di volte (37 uno dei testimoni, ma ne conosce uno che è stato respinto più di 50 volte). Si calcola che in quella finestra temporale siano state respinte 1300 persone.
Giovani che come tanti loro coetanei sono su Tik Tok e si riprendono col telefonino mentre viaggiano — e quei video grazie al montaggio di Chiara Russo sono parte integrante del film —, festeggiano il Capodanno e sono tenuti in piedi e sospinti avanti dalla fame di vita e di futuro. Ma sono terrorizzati, hanno paura che possa accadere di nuovo, perché «la cosa peggiore è stato il respingimento». «Ci hanno detto — raccontano — che ci avrebbero portato nel centro di accoglienza. Non ci hanno ascoltato, ci hanno preso e consegnato agli sloveni e ai croati. Eravamo stanchi della vita.» Eppure, quando finalmente oltrepassano il confine tra Italia e Slovenia e arrivano a Trieste,riescono a gioire, a farsi contagiare dalla bellezza, ad esclamare: «In quel momento dalla montagna si vedevano le luci della città nell’acqua. Dal confine, dall’alto, di notte, Trieste è molto bella.»
Alla fine di un racconto così drammatico ma al tempo stesso così vero, con i protagonisti in carne e ossa sul palco assieme ai loro corpi, con situazioni ancora precarie (non tutti hanno ancora ottenuto la protezione internazionale), applaudirli a lungo tutti in piedi e dire loro che sono i benvenuti è stato in parte liberatorio, quasi a voler smarcarsi da uno Stato sempre meno di diritto, quasi a voler riaffermare un’umanità messa sempre più in discussione.
Questo film, prodotto da ZaLab e Vulcano con il sostegno di Open Society Foundations in associazione con Banca Etica e in collaborazione con ICS-Ufficio Rifugiati Onlus, RiVolti ai Balcani e Forum Per Cambiare l’Ordine delle Cose, arriva nel momento giusto, ha detto Amnesty Internazional, che l’ha patrocinato assieme a Medici Senza Frontiere, come una necessaria operazione di conoscenza e coscienza collettiva.
La speranza è che tutte le persone presenti in sala, gremita come non mai (e in moltissimi sono rimasti fuori dopo una lunga attesa in mezzo alla Bora), e tutte quelle che riempiranno le sale di altrettante città nei prossimi giorni (molte date sono già sold out) almeno si chiedano: come mai abbiamo ripreso ad agire in questo modo? Dov’ero io quando la civilissima Europa rifiutava e respingeva tutta questa umanità in eccesso?
A questo link le date del tour: https://www.zalab.org/trieste-e-bella-di-notte-il-tour-al-cinema/