“Quella di imbavagliare i giornalisti è una tentazione che torna ciclicamente”. Lo dice il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, intervistato da Repubblica all’indomani delle dichiarazioni del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, secondo cui per contrastare la divulgazione delle intercettazioni “bisogna intervenire da una parte con l’Ispettorato generale per verificare che non vi siano fuoriuscite di notizie dalle Procure stesse, dall’altra parte con una norma più stringente, anche sui giornali”.
Lorusso ricorda che “primo: i giornalisti non fanno intercettazioni. Secondo: il giornalista ha il dovere di dare notizie che abbiano una rilevanza pubblica e sociale. Purtroppo per il governo – incalza – c’è una giurisprudenza europea che è intervenuta più volte per ribadire che il giornalista esercita il suo ruolo anche quando scrive di notizie coperte da segreto istruttorio. Sono principi a cui devono attenersi tutti i Paesi del Consiglio d’Europa”.
Secondo il segretario generale Fnsi, per un pezzo di politica “il problema non è tutelare il cittadino comune, ma fare in modo che non si pubblichino notizie su personaggi di serie A. Ma – rileva – il diritto alla riservatezza è inversamente proporzionale alla notorietà, lo scrisse anche il Garante della privacy Stefano Rodotà nel 1996. Poi non per forza comportamenti con una rilevanza pubblica ne hanno una anche penale”.
Rispondendo alle domande del collega Matteo Pucciarelli, Lorusso rammenta quindi al governo i problemi del settore, come “le querele bavaglio, con richieste di risarcimento danni milionarie per spaventare i cronisti. C’è una proposta di legge contro questa pratica che viene presentata puntualmente a inizio legislatura e cade nel dimenticatoio”, osserva.
E ancora: “C’è un intero settore che sta facendo la sua transizione digitale cercando di salvaguardare l’occupazione. Parliamo di questo piuttosto”, conclude.