La prima indagine drammaturgica sull’identità fu annunciata nell’ “Edipo re” ante Christum aprendo la scia numinosa di indagatori fino al ‘900 post Christum, apice di una crisi esistenziale a cui Pirandello consacrò il suo genio.
“Chi siamo?” è la domanda a cui non trova risposta il suo dramma, scritto alla fine degli anni venti con il seduttivo titolo “Come tu mi vuoi”; la protagonista è una donna, assolutamente ai margini di se stessa, incarnata da una potente Lucia Lavia assolutamente al centro della scena, perno e asse portante a cui il regista Luca De Fusco ha perspicacemente fatto indossare i panni evocativi dell’erotica e ambigua Valentina di Crepax, immergendola in un elegante e inquietante pot-pourri di specchi e e videoproiezioni su cui si frantuma la realtà, esaltando la sua femminilità, il suo sottile fascino perverso, la sua disperazione, il suo desiderio di essere o non essere ciò che è, o ridivenire, il che è impossibile, ciò che era. Poco frequentato, questo prezioso dramma contiene tutti gli elementi della dialettica pirandelliana: lo smarrimento della protagonista alla ricerca di una verità impossibile da cogliere, il dolore esistenziale, la conclusione aperta. Ispirata al caso Bruneri-Canella, tramandato all’epoca come lo “Smemorato” di Collegno”, l’opera, destinata all’attrice Marta Abba, presenta un misterioso caso di sdoppiamento di personalità. Una lussuriosa ballerina senza passato, Elma, vive in una Germania post bellica con il suo amante, lo scrittore Salter e con Mop, la di lui figlia, con la quale la donna sembra intrattenere rapporti carnali. Colta delirante in apertura in una evidente atmosfera di degrado, tra sesso, alcool, libertinaggio, disegnata come una creatura bella e amaramente dissoluta, in preda al disgusto per ciò che è, in una raffinata e provocante toilette in nero, Elma danza la sua degradazione tra superfici riflettenti, evocative de “La signora di Shanghai”, e gigantesche, fantasmatiche proiezioni. L’arrivo di un misterioso signore, che si ostina a chiamarla Lucia, sballotta improvvisamente lei e gli spettatori tra due identità in conflitto. Lucia o meglio Cia ha un marito in Italia che la cerca da dieci anni, unico a crederla viva nel paese da cui è scomparsa in tempo di guerra durante le incursioni del nemico.
L’Ignota decide così di rifarsi una vita, andando o ritornando a quel marito, a quella vita intravista di moglie borghese perbene, mentre l’amante disperato tenta di uccidersi. Inizia un percorso tortuoso intessuto di dubbi, riconoscimenti, relazioni complesse con i familiari, coesistenze conflittuali, delusioni, vendette. Cia, vestita di bianco, come nel quadro che la raffigura nella sua garbata e delicata personalità, insegue il sogno di una identità plasmata dai desideri del marito, della famiglia e della comunità in seno alla quale tenta di vivere, ma il gioco si rivela pericolosamente ai margini dell’incertezza. A complicare le cose sopraggiunge Salter che raggiunge l’ex amante in Italia portandosi dietro una demente a testimonianza che è lei la vera Lucia, dimostrando così che l’Ignota è un’impostora.
I dettagli conclusivi chiudono apparentemente la questione, aprendo scenari di amaro ritorno a “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” direbbe Montale.
La doppia vita dell’Ignota, ancora più sfuggente di quella de “Il fu Mattia Pascal” offre il fianco a una perversa ricostruzione di un mistero che tale rimane, perché la maestria di Pirandello riesce a giocare fino all’ultima battuta sull’ambiguità della realtà, inconoscibile e sfuggente, come le immagini proiettate sulla scena. Cangiante, mutevole, scultorea nel vuoto corpo senza nome e nella recitazione Lucia Lavia ha scolpito il personaggio dell’Ignota con una padronanza scenica non comune, lasciando un’impronta che la affianca a Marta Abba, nella prima edizione teatrale del 1930 che Pirandello le dedicò, e alla mitica Greta Garbo nel breve adattamento cinematografico del 1932. Il cast che ruota intorno a lei asseconda la sua incisività, come la regia che accompagna e segue la magia del gesto e della voce di colei che tenta di sfuggire alle trame del destino degli uomini, vittime della loro natura folle a cui la ragione tenta invano di mettere il bavaglio.
COME TU MI VUOI
di Luigi Pirandello
regia di Luca De Fusco
adattamento Gianni Garrera e Luca De Fusco
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
luci Gigi Saccomandi
musiche Ran Bagno
movimenti coreografici Noa e Rina Wertheim-Vertigo Dance Company
proiezioni Alessandro Papa
con Lucia Lavia, Francesco Biscione, Alessandra Pacifico, Paride Cicirello, Nicola Costa, Alessandro Balletta, Alessandra Costanzo, Bruno Torrisi, Pierluigi Corallo, Isabella Giacobbe
produzione Teatro Stabile di Catania, Teatro della Toscana Teatro Nazionale, Tradizione e Turismo srl – Centro di Produzione Teatrale – Teatro Sannazaro
Al Teatro Verga di Catania fino a Domenica 29 Gennaio