Negli occhi di Beppe Alfano brillava il coraggio di chi non si arrende mai. Aveva appena quarantasette anni quando, l’8 gennaio del ’93, venne assassinato dalla mafia, lui che apparteneva alla destra legalitaria, la stessa di Borsellino, e non avrebbe mai accettato alcun compromesso con un potere occulto e disumano che tuttora mina il futuro della Sicilia e del Paese.
La sua forza risiedeva nel fatto di essere stato anche un insegnante, di educazione tecnica per l’esattezza, e il contatto con i giovani aveva rafforzato in lui gli ideali di giustizia che coltivava fin da ragazzo, indignato per come andavano le cose in una terra bellissima ma fragile, apparentemente condannata ma comunque in grado di esprimere anche forme commoventi di resistenza e passione sociale e civile. E Alfano, con il suo impegno costante contro ogni forma di criminalità, non si tirò mai indietro, non smise mai di dire la propria e non ebbe, e questo va detto a disdoro della nostra categoria, alcun riconoscimento, fino a quando non venne assassinato. Essendo contrario all’esistenza dell’albo dei giornalisti, infatti, non vi si iscrisse mai, lui che era un giornalista-giornalista, con la schiena dritta e la testa alta. L’iscrizione all’albo dei pubblicisti gli venne concessa solo postuma, alla memoria, dopo che in vita gli era stato impedito di dirigere Canale 10 e Tele News, ossia le due televisioni dell’area di Barcellona Pozzo di Gotto di cui, di fatto, era il motore, il simbolo e il punto di riferimento.
Beppe Alfano si aggiunge al lungo elenco di cronisti assassinati dalla mafia: da Mauro De Mauro, il cui cadavere non è stato mai ritrovato, a Mario Francese, senza dimenticare Pippo Fava e Mauro Rostagno, nel contesto di una regione asfissiata dalla violenza, resa fragile da un sistema di potere che spesso si commenta da solo ma, al tempo stesso, capace di regalarci geni della scrittura e giornalisti di fronte ai quali non possiamo far altro che inchinarci.
Ne ha proseguito il lavoro la figlia Sonia, per cinque anni parlamentare europea dell’Italia dei Valori e molto attiva non solo nel custodire la memoria del padre ma anche nel portarne avanti l’impegno a favore della legalità e contro ogni sopruso.
Trent’anni senza le sue denunce, ma almeno noi non l’abbiamo dimenticato.
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