Bavaglio all’informazione bersaglio prioritario di questo governo

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Come prima, più di prima. Da quando esiste il giornalismo esiste il tentativo dei potenti di metterlo a tacere. Perché i potenti troppo spesso sono potenti ma hanno molto, troppo da nascondere. Nei mesi in cui si ricordano i 50 anni da una delle più importanti inchieste giornalistiche a schiena dritta contro il potere, quella sullo scandalo Watergate negli Stai Uniti, nella piccola Italia del nuovo minculpop, del revisionismo,del neo patriarcato e delle piccole patrie, torna puntualmente il progetto del governo di mettere sotto tutela i giornalisti.

E’ vero, ne abbiamo viste tante. Un paio di generazioni ricordano il pool di Milano dei magistrati di “mani pulite” leggere il famoso comunicato al quale seguì l’appoggio di quello che, al tempo, fu chiamato il popolo dei fax. E le leggi bavagli si fermarono. Ma sono passati più di 30 anni, la nostra società e la nostra politica sono cambiate, insieme al mondo che non è più lo stesso.

I cellulari, internet, i social, gli smartphone, dai tempi dell’indignazione popolare sembrano passati alcuni secoli. E anche i giornalisti, non certo nei loro organi rappresentativi, ma nelle loro espressioni più visibili – i talk show, gli editoriali, i podcast – sembrano non cogliere più come una grande urgenza difendere la loro professione da ogni tentativo di limitarla.

Direttori pentiti di aver pubblicato avvisi di garanzia, firme notissime contrite per aver utilizzato intercettazioni non strettamente esplicite sui reati, convinzione che il dibattito sul bavaglio alla stampa sia un modo di sviare problemi politici interni alla maggioranza.

Invece no. Per le parole non dette, che analizza Giulietti, e per quelle dette, come la dichiarazione di Del Mastro.

Alla fine lo scontro con la magistratura è troppo eclatante, anche se, sulla strada già segnata dalla riforma Cartabia, ulteriori ostacoli agli inquirenti arriveranno. Ma il nodo principale per questo governo è un altro. Non esistendo, come mai accaduto in passato, almeno per ora una concreta opposizione parlamentare, avendo comunque una maggioranza numericamente inedita, la destra ritiene, tutta insieme (al di là dei finti distinguo) che sia la volta buona per imbavagliare sul serio l’informazione.

La categoria sembra non crederci, si sente forte dei successi del passato, si percepisce più forte di questa politica, sottovaluta il profondo intento revisionista e identitario di una destra che in questa forma in Italia non abbiamo mai avuto al governo. Dovremmo fare uno sforzo in più per aprire gli occhi prima che sia troppo tardi.


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