Cosa sapremmo della storia del nostro paese se il TG1 della Rai avesse scelto di non trasmettere le immagini negli anni del terrorismo, dei comunicati delle brigate rosse, delle manifestazioni dove morivano giovani studenti e giovani poliziotti?
Si discuteva moltissimo in redazione, le riunioni dei redattori capo erano tormentate e anche litigiose, ma mai è stato deciso di oscurare un evento, di non farne vedere le immagini, se non, in casi molto virulenti, oscurare, come è giusto, le scene più cruenti di morti e feriti.
Nulla di tutto questo c’era nelle riprese in cui si vedono alcuni ragazzi del movimento “ultima generazione” imbrattare la facciata del Senato con vernice lavabile, sottolineo, lavabile.
Un cattivo esempio, certo. Ma se viene censurato un episodio del genere, quale meccanismo può scattare di fronte a eventi ben più significativi e drammatici?
L’autocensura che sta contaminando una parte della categoria appare, almeno a chi ha avuto la fortuna di fare questo mestiere in periodi diversi, un pericolo fortissimo e un preoccupante segno dei tempi. Il silenzio intorno a questo caso, apparentemente marginale, aumenta il senso di inquietudine. Una redazione che contro il parere del direttore generale mandava in onda l’intervista a Gheddafi, che denunciava il ruolo dei servizi segreti in tante tragedie italiane, come ha fatto con enorme coraggio e professionalità Report ieri sera, una redazione che non ebbe paura di smontare le tesi ufficiali sulla strage di Ustica, non può nascondere, in modo quasi grottesco, una protesta sbagliata ma in parte perfino ridicola e rivendicare anche di averlo fatto.
Rivendicare, sapendo che ormai le immagini fanno il giro del mondo prima dei telegiornali, è un segnale, una scelta che fa intendere molte cose ma che va in senso nettamente opposto all’articolo 21 della Costituzione. Spesso si comincia così e poi va sempre peggio.