Il 7 dicembre 2022 Younis Abdelsalam, un giornalista di 28 anni, è stato scarcerato dopo 15 mesi di detenzione arbitraria. Era stato arrestato il 4 agosto 2021 dagli huthi, il gruppo armato che controlla parte dello Yemen, a causa dei contenuti di alcuni suoi post, giudicati critici nei confronti delle autorità e offensivi dal punto di vista religioso.
Questa è l’unica buona notizia per quanto riguarda la libertà di stampa in uno stato che da anni non conosce pace, amministrato da vari poteri territoriali e bombardato dal 2015 da una coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita.
Solo nella prima metà del 2022 il Sindacato dei giornalisti yemeniti ha denunciato 16 casi di aggressioni, minacce e istigazioni alla violenza nei confronti di altrettanti giornalisti, nonché la chiusura di sei emittenti radiofoniche.
Amnesty International ha svolto ricerche su otto giornalisti arrestati dagli huthi tra il 2015 e il 2021. Escludendo Abdelsalam, scarcerato tre settimane fa, degli altri sette quattro sono stati condannati a morte e tre a pene detentive, tutti al termine di processi irregolari celebrati dopo anni di prigionia segnati da costanti torture e dal diniego delle cure mediche.
Abdelkhaleq Amran, Tawfiq al-Mansouri, Hareth Hamid e Akram al-Walifi, i quattro giornalisti che rischiano l’esecuzione, sono stati arrestati nell’estate del 2015 e accusati, ben tre anni dopo, di “aver diffuso, tramite i social media, notizie false, dichiarazioni e dicerie in favore dei crimini dell’aggressore saudita”. Il processo, iniziato il 9 dicembre 2019 di fronte al Tribunale penale speciale (che, in realtà, dovrebbe occuparsi di gravi reati contro la sicurezza), è terminato l’11 aprile dell’anno dopo con le condanne alla pena capitale. Dal 2020 i quattro detenuti non ricevono visite familiari. L’ipotesi di scarcerazione nel contesto di uno scambio di prigionieri non ha avuto seguito. Per otto volte il loro appello è stato rimandato.
I tre giornalisti condannati a pene detentive sono Mohammad al-Junaid, Mohammed al-Salahi e Nabil al-Sidawi. I primi due, arrestati rispettivamente nel novembre 2018 e nel dicembre 2019, sono stati accusati di vari reati relativi alla collaborazione con “l’aggressore saudita” e condannati al termine di un processo segreto, conclusosi il 28 giugno di quest’anno, a tre anni e otto mesi di carcere.
Al-Sidawi è stato arrestato nel settembre 2019, accusato di “aver creato un gruppo armato con l’obiettivo di compiere atti di terrorismo contro le forze armate e di sicurezza” e condannato, il 22 febbraio di quest’anno, a otto anni di carcere.