Dalla tragedia della Thyssen Krupp sono passati quindici anni: era il 6 dicembre del 2007. Ricordo, come se fosse ieri, il giorno della strage. E ricordo il grande dolore che ho provato. Dopo una vita passata a contatto con la fabbrica e con i lavoratori, mi sono sentito personalmente colpito. Ero ministro del Lavoro, allora, e in quella veste avevo un dovere in più. Il dovere, dopo aver portato la solidarietà alle famiglie delle vittime, di operare affinché tragedie così non potessero accadere mai più. Un compito difficile in un paese in cui il tema della sicurezza è sempre evocato ma è assai poco praticato. Allora avevamo da poco approvato la legge “123” nella quale venivano individuati i criteri di delega della riforma sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, ma che conteneva anche una parte di norme di immediata applicazione dirette ad incidere da subito sugli ambienti di lavoro, perché ci eravamo resi conto dell’urgenza con la quale bisognava cominciare a intervenire. Il mio impegno, in una situazione politica difficilissima che avrebbe di lì a non molto portato alla caduta del governo Prodi e a elezioni anticipate, fu quello di varare in tempo utile anche il Decreto legislativo che avrebbe consentito a quelle norme di diventare pienamente operative. Ad aprile del 2008, in piena ho crisi di Governo, abbiamo consegnato al Paese, attraverso una puntuale concertazione con le parti sociali, un complesso normativo tra i più completi e incisivi d’Europa, un intervento legislativo moderno ed adeguato alla gravità del problema e tarato sulla particolare struttura produttiva dell’Italia. La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori è stata sempre al centro del mio impegno politico-istituzionale, prima come ministro, poi come presidente della Commissione Lavoro della Camera e attualmente come componente del Consiglio di Amministrazione dell’Inail. Ancora oggi numeri alla mano gli infortuni sul lavoro costituiscono una piaga sociale rispetto alla quale è indispensabile evitare che diminuisca l’attenzione culturale, mediatica ed istituzionale. È inoltre di estrema importanza da un punto di vista normativo portare a compimento l’attuazione del Testo Unico rispetto al quale mancano ancora circa venti provvedimenti, tra i quali ritengo prioritario il sistema della qualificazione delle imprese affinché l’accesso agli appalti e ai subappalti sia consentito solo alle imprese più virtuose circa il rispetto di standard contrattuali ed organizzativi del lavoro oltre che al rispetto della normativa in materia di sicurezza. Negli ultimi nove mesi, a causa della ripresa economica, della spinta disordinata di determinati incentivi, gli infortuni non mortali sono aumentati (+35,2% rispetto allo stesso periodo del 2021) come le malattie professionali (+8,6%), mentre il dato degli infortuni mortali è in diminuzione di circa il 13%. Se depuriamo quest’ultimo dato dalla incidenza del Covid, i morti sul lavoro crescono del 13%. Va, dunque, privilegiata la progettazione di processi produttivi che tengano in considerazione la prevenzione dei rischi correlati al lavoro in un’ottica multidisciplinare e integrata. Se “Premessa di tutto è la sicurezza sul lavoro”, come ha affermato recentemente il presidente Mattarella, la tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore deve passare attraverso la progettazione di tecnologie che intervengano sotto il profilo ergonomico in una duplice direzione: la diminuzione dello sforzo fisico e la tutela del benessere nello svolgimento delle attività. La crescita della produttività deve essere, in estrema sintesi, coniugata alla progettazione in sicurezza. Questo deve essere l’obiettivo condiviso di governo, politica, istituzioni, parti sociali. Su questo fronte ogni resistenza deve essere superata. È un obbligo morale che tutti noi abbiamo anche nei confronti dei sette operai morti alla Thyssen e di ogni vittima sul lavoro.