ROMA – Vittorio Sgarbi apre al teatro Olimpico di Roma con immagini della morte di Pasolini, commemorata dalla voce di Alberto Moravia che lo definisce diverso e simile a ogni altro uomo. Il sottosegretario alla cultura sottolinea l’evolversi del concetto di “normalità” e unicità di ciascuno e fa presente al pubblico come Moravia oggi non sia ricordato. Cosa che accadde anche a Michelangelo Merisi la cui riscoperta si deve al critico d’arte Roberto Longhi che il 21 aprile lo celebrò in una grande mostra a Palazzo Reale a Milano.
Nel 1941 Pasolini a Bologna fu allievo di Longhi e rimase così affascinato dalle sue lezioni su Caravaggio al punto da identificarsene a vita. Vittorio Sgarbi chiarisce inoltre che il concetto di Padanìa – con l’accento sulla ì – fu un termine originariamente coniato da Roberto Longhi per esprimere un luogo e una poetica artistica che narra il fiume Po, qualcosa di diverso dall’entità immaginaria politico-amministrativa pensata dalla Lega nord.
Pasolini e Caravaggio sono definiti “eretici” da Sgarbi e, come Longhi aveva detto di Caravaggio, autori della realtà. Nella sua ciceroniana e affascinante orazione il critico ci trascina alla conoscenza delle due vite parallele con la forza della voce, immerso nella pertinente, minimale, scenografia di Tommaso Arosio le cui ombre e luci esaltano immagini di quadri e fotografie. Negli intervalli si ascoltano musiche composte ad hoc ed eseguite dal vivo con violino, viola, oud, elettronica, da Valentino Corvino. I due artisti ci appaiono ribelli, ammirati e criticati allo stesso tempo. Identiche esistenze sregolate, ricche di eccessi, di contrasti, pericolosamente attratte dall’ignoto e da un bisogno di libertà che difesero fino alla morte.
Si sa che a Caravaggio fu attribuita una omosessualità presunta che Sgarbi esplicitamente non cita. In maniera più scientifica ci fa ammirare invece la stessa preferenza verso un certo tipo di soggetti maschili: ad esempio accosta il volto del fanciullo con frutta ritratto da Caravaggio, a quello di uno degli attori preferiti da Pasolini, Ninetto Davoli che, se non identico nei lineamenti, è lo stesso tipo fisico: moro, ricciolino, aitante, oggi diremmo “un ragazzo di vita”. Nel dipinto del Caravaggio il “Riposo nella fuga in Egitto”, Sgarbi ci fa notare come anche di fronte a quadri della tradizione cristiana l’artista non rinnegò la pittura della realtà: San Giuseppe infatti non è idealizzato e, mentre Maria dorme, mostra un pentagramma a un efebico suonatore con espressione di trasporto.
Sulla scomparsa di entrambi, restano misteri non risolti. Vittorio Sgarbi ci accompagna al drammatico momento indagando con lo sguardo del critico d’arte. Un’opera sintetizza la lectio magistralis: la morte di Pasolini nel caravaggesco quadro del contemporaneo Nicola Verlato. Personalmente Sgarbi non crede alla leggenda di un complotto fascista che avrebbe portato Pasolini alla fine, piuttosto la ritiene conseguenza legata agli sviluppi della sua natura: Pasolini e Caravaggio per vivere fino all’ultimo respiro pagano in ogni caso un pegno che oggi ci rende tutti più liberi.
ROMA – Teatro Olimpico
“Pasolini Caravaggio” di e con Vittorio Sgarbi
Musiche composte, ed eseguite dal vivo, da Valentino Corvino violino, viola, oud, elettronica
Video scenografia Tommaso Arosio
Progetto artistico DoppioSenso