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Progetti c/o mazzette. Il recupero delle aree verdi ed  umide, per il pianeta

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“L’amor che muove il sole e l’altre stelle.” Marx riuscì a smentire Dante: il “motore” della storia è l’economia, non l’amore. La vicenda delle tangenti al parlamento europeo ne è una conferma. Beccati gli sprovveduti che conservano nei sacchi della spazzatura i “regalini” di uno stato arabo. Tutti gli altri (tanti) si sono attrezzati meglio, con conti cifrati nei riciclanti paradisi fiscali. Se  solo per pronunciarsi a favore di uno stato sovrano si prendono mazzette enormi, possiamo immaginare quanti politici sono nel (nero) libro paga delle multinazionali dell’energia. Greta l’ha capito.

Dando un approccio imparziale, sono tre le concause dell’emergenza climatica: le emissioni, l’aumento delle radiazioni solari, la riduzione delle aree che assorbono la CO2. Riguardo alle emissioni siamo ormai molto edotti su cosa fare, soltanto che nessuno vuol fare nulla. Basti pensare alle circa 10.000 centrali elettriche a carbone nel mondo. Per quanto concerne le radiazioni solari, ancora da misurare e verificare, si sa che nel pianeta, nei vari millenni, le variazioni del flusso solare hanno determinato periodi di glaciazioni, alternati a periodi di forti innalzamenti termici. I negazionisti pro-emissioni cavalcano solo questa tesi, che viene confortata da alcuni eventi come quello della mummia di Similaun (Alto Adige), un umano che 5.000 anni fa scorrazzava al caldo su dei prati a 3.000 metri, colto da una freccia e sommerso dal ghiaccio, nelle successive glaciazioni.

La sconfitta di Bolsonaro dà una speranza al pianeta: Lula bloccherà gli incendi in Amazzonia, voluti da “imprenditori” agro-alimentari, con un concetto dell’ambiente a dir poco arcaico. Per tutti questi potenti le risorse mondiali (anche quelle ambientali) sono di loro esclusiva proprietà.

Moltissimo si potrebbe fare (coinvolgendo l’imprenditoria sana) recuperando le aree dove un tempo l’ambiente naturale assorbiva CO2 e restituiva ossigeno: le foreste e le aree umide. Per queste ultime da vent’anni propongo un progetto (visto alla Rai) di “Recupero del Chatt”: le aree umide in Tunisia ed Algeria che da pochi secoli sono diventate deserti. Sarebbe come far rinascere una piccola Amazzonia in Africa. Per questo progetto forse dovrei riempire sacchi di spazzatura…


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