Trent’anni dopo il Natale è di nuovo insanguinato. Bambini, donne, anziani ucraini esattamente come i loro simili, principali vittime della guerra degli anni ’90 Serbo-Croata, genericamente indicata come la guerra dei Balcani. Si rinnova l’orrore degli stermini nel cuore di un’Europa presuntuosa, ciarliera, incapace di lavorare sull’unico vero progetto che garantisca le generazioni presenti e future: la Pace. Solo armi, armi ed armi. Ai missili preannunciati da Putin e Lukashenko ora si contrapporranno i Patriot statunitensi. Missili che uccideranno la colomba della pace, altro che difenderla o farla vincere.
Macerie materiali e morali che – è aberrante pensarlo – coinvolgono due Paesi che ostentano con orgoglio la loro cristianità. Attendo con curiosità di sapere cosa potrà dire il patriarca Kyrill il giorno di Natale. Benedirà ancora una volta soldati e bombe che vanno ad ammazzare altri cristiani? E quale risposta sapranno dare i cristiani ucraini alla disperazione delle popolazioni senza luce, al freddo, senza più abitazioni. Diranno sempre e soltanto ‘Fino alla vittoria?’
Questo è il valore del Cristianesimo al quale si ispirano quanti ripetutamente insistono perché l’Europa si richiami ufficialmente alla fede cristiana? Non sarebbe più nobile, utile, significativo, invece di fare proclami o di scrivere delibere, lavorare perché i principi della fratellanza, dell’accoglienza, del rispetto degli altri si affermino?
Proprio negli sciagurati anni della guerra dei Balcani, un uomo che oggi potremmo a buon diritto definire profeta, analizzava in modo profondo, senza alcuna reticenza, quel che stava avvenendo. Era padre Ernesto Balducci che non avendo avuto neppure sentore di Putin e dei suoi programmi, ma cosciente di quel che era avvenuto con la caduta dell’Unione Sovietica, scriveva: “Pensate al collasso degli Stati dell’Est ed al riemergere, dal sottosuolo, delle soggettività collettive. La mediazione che lo Stato sovietico aveva realizzato, al punto di persuaderci che ormai le etnie della grande area dell’Est erano state assimilate e metabolizzate da questa struttura si sono infrante. La caduta dello Stato fa riemergere con virulenza le soggettività etniche postmoderne”. Come ha spiegato Putin, nel 2022, le ragioni di quella che ha definito ‘operazione speciale’ soprattutto per convincere i connazionali suoi elettori? Che ‘l’operazione speciale’ è stata progettata e voluta per una ragione etnica. E ancor oggi i suoi lacché tentano di far passare questa interpretazione.
Tutte le guerre, come le crociate o il genocidio degli indios fatto passare come evangelizzazione, con lo sterminio di 60-70 milioni di uomini donne bambini, hanno in comune con quello che accadeva nei Balcani – e con quello che accade oggi, aggiungo – un denominatore comune: il disprezzo dell’altro. Pensate solo a chi ha voluto e continua a fare distinzione tra i profughi ucraini e quelli che vengono da altre parti del mondo: solo i primi definiti ‘veri’ da soggetti politici ai quali l’elettorato ha dato fiducia.
La causa è sempre la stessa, affermava padre Balducci, che nelle sue conversazioni tra il 1991 e il 1992, poche settimane prima che rimanesse ucciso in un incidente stradale riusciva a coniugare spiritualità e materialismo, cristianesimo e laicità, Kant, Hegel fino a Feuerbach mettendo sempre e comunque al centro l’uomo con la sua elaborazione intellettuale. La causa è sempre la stessa ed è il disconoscere il completo valore dell’esistenza e del contributo che l’Altro può dare a tutta l’umanità. Ecco cosa affermò il 13 febbraio 1992: “Noi portiamo in noi qualcosa che è Altro da noi ma questa alterità non è soltanto l’ombra, ma è luce, è la potenzialità obiettiva di forme umane più alte in cui le culture si comprendono l’una con l’altra, in cui le alterità non si annullino né si assimilano ma restano tali nel gioco dello scambio reciproco in vista di intese sempre più alte. L’Alterità è il veicolo della nostra dilatazione, perché comprendendo l’Altro che è in me ed è fuori di me io dilato me stesso, rimanendo altro dall’Altro che ho compreso.”
Nessun dogmatismo, solo l’affermazione del completo valore dell’uomo contro tutte le violenze. Filosofo, spiritualista, con una profonda fede cristiana che non respingeva nessuno, Balducci dovrebbe essere diffuso oggi più che mai nel mondo. Sarà perché in quell’inizio degli anni ‘’90 abbiamo respirato la stessa aria sulle colline fiesolane, dove aveva casa, ma quanti di noi giornalisti si formarono nelle intense giornate di studio e dibattito volute dal Gruppo di Fiesole, nel rileggere la trascrizione delle sue memorabili conversazioni troviamo la forza, la voglia, l’energia, per riaffermare l’impegno per la Pace, la Solidarietà, l’Accoglienza, il Rispetto. Con un’utopia particolarmente sentita nel giorno di Natale: riuscire a costruire un futuro a misura dell’umanità e non del denaro o della legge del più forte.