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Migranti: si parte e si muore ancora

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Mentre in Europa si discute ancora il piano per “contenere” i flussi,  l’umanità naufraga in mare.
Tre le barche affondate almeno 10 dispersi,  un corpo recuperato, in 3 giorni e sempre davanti Lampedusa.
Tra i dispersi ancora bambini. 2 fratellini di 6 mesi e 6 anni che viaggiavano con i genitori su una barca partita da Sfax.
Sull’isola sono affranti, lampedusani e militari che operano nella ricerca e soccorso mentre il resto del mondo semvra non provare più pietà neanche davanti alle piccole bare bianche che a me continuano a straziare l’anima.
 In mare le navi umanitarie fanno quello che possono per evitare altre morti. E in più devono affrontare gli strali di chi di migrazioni non capisce nulla. Quelli che ancora non distinguono tra pull (attrazione) e push (spinta) factor.
Mentre “alcuni” giornali la settimana scorsa attribuivano il fisiologico calo degli sbarchi (dovuto al mare per giorni in tempesta) alla paura instillata dalle politiche del nuovo governo.
 Tesi smentita alla prima finestra di meteo meno brutto del solito nonostante siamo a cavallo tra autunno e inverno. Tant’é che un poche ore a Lampedusa approdano in centinaia, altre centinaia vengono soccorse dalla nostra guardia costiera al largo della Sicilia orientale e sbarcate tra Pozzallo e Augusta.
Senza soccorsi, le barche allungano il tragitto verso la salvezza e chi é a bordo può solo pregare di arrivare salvo a terra. Non sappiamo fini ad allora chi sono e perché scappano ma quel che conta é tentare di farli desistere negando loro il soccorso finché il pericolo di annegare diventa imminente.
Più allontaniamo loro la possibilità di essere soccorsi, più neghiamo il diritto alla vita. Senza capire che quando neghiamo a loro i fondamentali diritti umani li stiamo negando a tutti noi.

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