Emerge l’incubo del Pos e riappare quello dello spread. Giorgia Meloni, già alle prese con gli scioperi di Cgil e Uil contro la manovra economica, deve fare i conti anche con il Pos e lo spread. Torna a salire pericolosamente il differenziale tra i rendimenti dei Btp decennali italiani e gli analoghi titoli del debito pubblico tedesco.
In pochi giorni lo spread sale da 180 a 220 punti per poi frenare a 210 dopo il dietrofront del governo sul Pos. Conseguenza: lo Stato italiano dovrà pagare tassi d’interesse più alti ai possessori di Btp e di Bot. Non è uno scherzo perché il nostro paese ha un livello altissimo di debito pubblico al quale fare fronte. Fino a pochi giorni fa le acque erano calme per due motivi: 1) l’economia italiana nel 2021 e 2022 è andata bene, perfino meglio di quella tedesca e francese; 2) la presidente del Consiglio è stata molto attenta a confezionare una legge di bilancio prudente per il 2023, dai costi contenuti (vale 35 miliardi di euro in buona parte destinati a contenere i costi del caro energia).
Tuttavia un fatto nuovo ha allarmato i mercati finanziari internazionali e lo spread si è impennato. A metà dicembre la Bce alza ancora il costo per denaro e riduce gli acquisti dei titoli del debito pubblico dei vari paesi di Eurolandia (in testa quelli italiani) per combattere la forte inflazione. Non solo. Christine Lagarde annuncia ulteriori aumenti del costo del denaro nel 2023: immediatamente sui mercati valutari piovono le vendite di Btp e Bot per la paura della chiusura dell’ombrello protettivo della Banca centrale europea sul debito pubblico italiano. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ironizza sulla presidente della Bce con un tweet: «Non ho capito il regalo di Natale che la presidente Lagarde ha voluto fare all’Italia».
Si scatena una burrasca. Ripartono gli attriti con l’Unione Europea. Il Parlamento italiano ancora non ha approvato il Mes, il Meccanismo di stabilità europeo in passato duramente attaccato dall’alleanza di destra-centro. La finanziaria 2023, all’esame della Camera, prevedeva delle misure guardate con ostilità da Bruxelles. Una soprattutto: la possibilità di pagare in contante e non con bancomat o carta di credito le spese nei negozi fino a 60 euro.
Le critiche europee centrate sul rischio di facilitare l’evasione fiscale dapprima sono respinte dal governo italiano, poi Giorgia Meloni fa marcia indietro. Annuncia ai giornalisti: «Stiamo trattando con la Commissione Ue». Infine giunge la soluzione: libertà di pagamento con moneta elettronica anche sotto i 60 euro e “ristori fiscali” agli esercenti per le commissioni bancarie pagate.
Il problema è cruciale per l’esecutivo di destra-centro. L’uso del Pos (il dispositivo per effettuare i pagamenti tramite bancomat e carta di credito) è anche legato ai fondi europei destinati all’Italia tramite il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). Bruxelles ha stanziato circa 200 miliardi di euro in favore dell’Italia, in parte già incassati. La sola possibilità di perdere parte delle risorse dell’Unione Europea ha causato i morsi dello spread.
Per ora non è niente di grave, la situazione è sotto controllo. Ma potrebbe sfuggire di mano. Giorgia Meloni ha ben presente cosa accadde nel 2011 al quarto governo Berlusconi. Lo spread cominciò a salire vorticosamente per poi esplodere fino a quota 550 punti. Lo scoppio insostenibile dei tassi d’interesse sui titoli del debito pubblico italiano causò la deflagrazione dell’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. Al posto del leader del centro-destra come presidente del Consiglio arrivò il tecnico Mario Monti, autore di una cura da cavallo per combattere il deficit pubblico ed impedire la bancarotta finanziaria.