Mi perdoneranno amici e compagni di Articolo 21 se, contrariamente all’indignazione dei più, mi permetterò di esprimere il mio “grazie” a Isabella Rauti e a Ignazio Benito La Russa che, in pochi secondi, hanno distrutto quintali di melassa, di retorica, di lacrime a tariffa e hanno svelato quello che tutti sapevano: erano e sono fascisti. Del resto la seconda carica dello Stato ci aveva già mostrato la sua casa ricca di cimeli e busti del suo duce. Altrove, per esempio in Germania, con quei titoli non si entra neppure nel consiglio di frazione e, comunque, una volta scoperti si va a casa, spontaneamente o “spintonati”.
“Sono stati votati”, biascica l’opportunista di turno, ma ,purtroppo per lui e per tutti, la Costituzione antifascista è ancora in vigore e loro hanno giurato su quel testo e non sui protocolli di Saló. Senza dimenticare che sono stati scelti da una minoranza della popolazione.
Per non lasciare nulla al caso La Russa e Rauti hanno voluto celebrare le origini del Movimento Sociale, ricordare la M di Mussolini, strizzare l’occhio ai fascisti di ieri e di oggi.
Del resto i loro padri e le loro madri non hanno mai nascosto l’odio per la Costituzione antifascista e per il 25 aprile, data della Liberazione dai nazisti e dai traditori della patria.
Non casualmente la Carta Costituzionale, approvata 75 anni orsono, non porta le firme dei reduci di Salò né dei firmatari del manifesto della razza, in primis quella di Giorgio Almirante, o dei fucilatori di partigiane e partigiani, alla faccia di chi ha voluto fingere di non vedere e di non sapere.
Il prossimo passo, già annunciato, sarà quello di stravolgere la Costituzione e di spiantarne le radici, equiparando il boia e le vittime.
Sarà il caso di non farsi cogliere impreparati e di promuovere, da subito, i comitati per la Costituzione e per la preparazione del prossimo 25 Aprile.
Per riprendere le parole della nostra Presidente onoraria, Barbara Scaramucci, magari cerchiamo di farlo insieme, senza gelosie di parte, di sigla, di organizzazione.
Unica discriminante la condivisione della Costituzione antifascista e antirazzista.
Nella foto di famiglia in copertina, i fratelli Cervi, furono torturati e poi fucilati dai fascisti il 28 dicembre 1943 nel poligono di tiro di Reggio Emilia.
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