La genialità di Giorgio Gaber si poneva questa domanda in musica nel 1994. E non aveva visto ancora niente…non aveva visto la sinistra abrogare l’articolo 18, favorire la globalizzazione senza alcun paletto economico, se non ideologico, incrementare il lavoro a tempo determinato, smantellare la contrattazione aziendale, togliere soldi alla scuola pubblica e al servizio sanitario e via così.
Ma oggi, all’alba del 2023, ostinandoci a sperare che non tutto sia uguale e che, se non li vogliamo chiamare destra e sinistra, chiamandoli progressismo e conservatorismo, si possano scoprire differenze sostanziali e anche tradizionali fra le politiche fatte da governi di destra e di sinistra nella nostra amata Europa.
Cosa c’è di fondante e caratteristico nella manovra del governo di destra Meloni?
Una generale filosofia a favore del lavoro autonomo, una forte tolleranza per l’evasione fiscale, una cancellazione del redito di cittadinanza come lo abbiamo attuato finora, il ritorno ai voucher, cioè la spinta ai lavoretti sottopagati, e anche a quelli simili alla riduzione in schiavitù come per i migranti. E poi un impulso alla scuola privata e alla sanità privata, alla faccia della mortalità aumentata in tre anni del 7 per cento nell’era Covid. E anche una strizzatina d’occhio ai no vax.
La flat tax è uno delle forme più sofisticate di ingiustizia sociale praticata anche da altri governi di destra, soprattutto se portata al tetto degli 85.000 euro. Il lavoratore dipendente ci rimette, l’autonomo, dove si annida quasi il 40 per cento di evasione, ci guadagna. Le vittime della manovra di destra sono i lavoratori dipendenti e dunque l’essenza stessa del lavoro, mentre si toglie il reddito di cittadinanza non solo per fare cassa, visto che di soldi ce ne sono pochi comunque, ma per avere mano libera la prossima estate per offrire lavoretti a 5 euro l’ora a chi proprio non avrà più da mangiare. Scriveremo a giugno prossimo storie di persone che lavorano perché il bar o il ristorante gli danno dei pasti e dele buste di cibo da portare a casa.
Si obietta: la pandemia, la guerra in Ucraina, l’inflazione, il caro bollette.
Sono, purtroppo, tutte tragiche contingenze che vivono nello stesso modo i paesi europei e che dunque potrebbero vedere applicare politiche simili in ogni grande paese del nostro continente, perfino senza troppe differenze fra il colore politico dei governi in carica. Ma ovviamente non è così. Perché la destra e la sinistra esistono ancora nel 2022-23.
Ancora una volta andiamo nella penisola iberica, dove alla prudenza del Portogallo, che comunque ha varato una manovra che diminuisce le tasse ai lavoratori dipendenti, fa riscontro una vera manovra con obiettivi di riequilibrio sociale da parte della Spagna.
Intanto non si capisce, da anni, se non in chiave elettorale, perché in Italia non si possa avere qualche tipo di tassa patrimoniale per redditi veramente alti ( e ce ne sono).
Ma Pedro Sanchez, che pure è a dieci mesi dal voto, dimostra che se una manovra di siistra anche in questi anni amari è possibile.
Una finanziaria in cui spiccano decisioni uguali e contrarie a quelle del governo Meloni: qui il Reddito di cittadinanza è smantellato, in Spagna l’equivalente “Ingreso mínimo vital” viene alzato per tenere il passo dell’inflazione; qui il Bonus cultura per i giovani è ristretto, in Spagna viene confermato e accompagnato da aiuti per gli affitti studenteschi, con un aumento del 6,5% delle risorse per scuola e politiche giovanili. Le risorse, oltre che dai fondi europei, Sánchez le prende da una temporanea patrimoniale sulle fortune oltre i 3 milioni di euro.Ma guarda un po’!
Inoltre, la ministra Yolanda Díaz, ha ristretto al minimo l’applicazione dei contrattini a tempo, senza nessun apparente terremoto per i conti delle imprese: in Italia, invece, la destra torna ad allargare le maglie dei voucher, tagliandi di occupazione iper precaria e sottopagata.
Il bilancio 2023 spagnolo prevede 274 miliardi di euro di spesa (un record: l’incremento è del 10 per cento) per coprire le misure di sostegno alle famiglie più vulnerabili al corposo aumento dell’inflazione.
Tra le misure più significative in questo campo, l’aumento dei sussidi di disoccupazione, l’ampliamento dell’aiuto di 100 euro mensili per le madri con figli da zero a tre anni (che finora era limitato alle lavoratrici), l’incremento dela versione spagnola del reddito di cittadinanza di un 8,5 per cento, che andrà a beneficio di 1,2 milioni di spagnoli, e 620 milioni di euro in più di aiuti per l’assistenza alle persone disabili e non autosufficienti. Poi ci sono i finanziamenti per l’energie pulite e i lavoratori e le imprese dei nuovi settori ad alta tecnologia.
Allora un altro mondo è possibile. Solo che i due governi cercano il consenso tra elettorati diversi: qui tra partite Iva, artigiani, conservatori, cittadini con omessi versamenti al fisco. Un paese analogico dove vengono inviate comunicazioni via fax, si vuole abrogare lo Spid, far usare molto contante e rimandare le donne a casa a fare figli. Un paese della prima metà del secolo scorso. A questo guarda il governo Meloni.
Alla Spagna invece interessano ii giovani, i più poveri, il lavoro dipendente, l’innovazione tecnologica e l’ambiente. Il popolo della sinistra, verrebbe da dire. Una sinistra che in Spagna, può valere ancora la pena di votare.
La conclusione è ovvia: cos’è la destra, cos’è la sinistra forse questa volta lo abbiamo capito.