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Bielorussia, ad oggi 33 giornalisti sono in carcere

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L’anno 2022 ha portato in Bielorussia un altro giro di vite e la distruzione della società civile bielorussa. Le repressioni continuano ininterrottamente ormai da due anni e mezzo. Ogni giorno le forze dell’ordine arrestano i cittadini per le cose che in Italia sono del tutto normali: commenti e condivisione dei contenuti sui social, foto dalle manifestazioni pacifiche, qualsiasi espressione del dissenso. Secondo l’ong per i diritti umani Viasna, i prigionieri politici sono 1450, ma molti attivisti sostengono che il numero più realistico dovrebbe essere minimo tre volte tanto. Ad oggi 33 giornalisti sono in carcere, le testate indipendenti più importanti sono considerate dalle autorità “organizzazioni estremiste” e il semplice fatto di collaborazione con esse è un reato.

La Bielorussia è di fatto sotto l’occupazione putiniana. La Russia quasi da un anno si sta servendo del territorio del Paese per i propri scopi bellici con il totale appoggio del dittatore Lukashenko.

Nei giorni scorsi Luskashenko ha annunciato che il 2023 sarà l’anno della lingua russa. Gesto non necessario nel paese fortemente russificato dove la lingua bielorussa, nonostante sia una delle due lingue statali, è ufficiosamente bandita, come anche la bandiera e lo stemma storici bielorussi. Dai media indipendenti bielorussi (considerati “organizzazioni estremiste” dal regime dittatoriale) giungono le notizie delle persone arrestate semplicemente per strada solo perché parlavano in bielorusso. Le autorità del regime dittatoriale hanno stilato le liste dei libri proibiti, tra cui il romanzo di Orwell “1984” e le opere degli scrittori contemporanei bielorussi.

In queste condizioni il popolo bielorusso che nel 2020 è sceso in piazza per protestare contro le elezioni fraudolenti si trova in una posizione di una fragilità e di un’ingiustizia sconcertanti. Infatti chi non è al corrente della situazione incolpa i bielorussi della complicità nella guerra con l’Ucraina, mentre è l’esatto contrario.

Negli scorsi giorni i partigiani bielorussi che a marzo hanno sabotato le ferrovie per impedire l’arrivo delle munizioni russe al fronte sono stati condannati alle pene di reclusione tra 16 e 23 anni.

27 dicembre 2022 Il giudice Anatol Sotnikau ha annunciato le seguenti condanne:

Dzianis Dzikun – 23 anni di reclusione

Dzmitry Ravich – 22 anni di carcere duro

Aleh Malchanau – 21 anni di reclusione

Inoltre ognuno di loro dovrà pagare una multa di 4800 BYN (1786 €)

Il partigiano Vitaly Melnik, condannato a 16 anni di carcere duro, è stato gambizzato dagli agenti nonostante non opponesse la resistenza. Ancora oggi si sposta con le stampelle.

Il processo dei partigiani Siarhei Pliashkun e Yuryi Selvich non è ancora finito, ma sono in carcere già da 9 mesi.

L’unica notizia positiva dell’anno che si sta concludendo è il premio Nobel per la Pace di Ales Bialiatski, il Presidente dell’ong per i diritti umani Viasna. Tuttavia, non ha potuto ritirarlo, perché da luglio 2021 è prigioniero politico lui stesso.

L’Associazione bielorussi in Italia “Supolka” sostiene a distanza alcune famiglie delle vittime delle repressioni politiche in Bielorussia. Potete contribuire anche voi con una donazione sul conto corrente intestato ad Associazione, IBAN IT40D0830434930000060399566.


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