25 novembre: giornata internazionale contro la violenza sulle donne. La Commissione Pari Opportunità e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ricordano ai colleghi i doveri deontologici nell’uso di un corretto linguaggio
Dal 1° gennaio al 7 novembre 2022 sono 82 le donne vittime di femminicidio in Italia (90 lo scorso anno). La metà sono state uccise dal loro partner, attuale o ex. Sono alcuni dati elaborati dalla Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della Pubblica sicurezza illustrati nei giorni scorsi in Campidoglio, che dimostrano come la violenza sulle donne sia ancora una piaga diffusa da contrastare .
In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, la Commissione pari opportunità e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ricordano ai colleghi i doveri deontologici nell’uso di un linguaggio corretto che rifugga dagli stereotipi di genere, nell’obiettivo di fornire ai cittadini una informazione attenta, corretta e consapevole del fenomeno della violenza di genere, che eviti il pericolo di una vittimizzazione secondaria. Abbiamo assistito, anche in recenti casi di cronaca, come ancora spesso scatti nella narrazione, la cosiddetta dinamica del “victim blaming” (la colpevolizzazione della vittima) in cui il/ la giornalista cerca attenuanti alle azioni dell’assassino, qualcosa che possa ingenerare la violenza in chi uccide. Il giornalismo deve fare la sua parte : le cronache dei molti casi di violenza sulle donne sono ancora troppo spesso in palese, pericoloso contrasto con le regole di cui il giornalismo si è dotato in questi ultimi anni. Spesso ci troviamo ancora di fronte ad articoli che contengono stereotipi e pregiudizi, che hanno il solo effetto di fornire cronache distorte di crimini efferati. Il Testo Unico dei doveri del giornalista (art. 5 bis) chiede il “rispetto delle differenze di genere. Nei casi di femminicidio, violenza, molestie, discriminazioni e fatti di cronaca, che coinvolgono aspetti legati all’orientamento e all’identità sessuale, il giornalista: a) presta attenzione a evitare stereotipi di genere, espressioni e immagini lesive della dignità della persona; b) si attiene a un linguaggio rispettoso, corretto e consapevole. Si attiene all’essenzialità della notizia e alla continenza. Presta attenzione a non alimentare la spettacolarizzazione della violenza’’. Il giornalista ‘’non usa espressioni, termini e immagini che sminuiscano la gravità del fatto commesso; c) assicura, valutato l’interesse pubblico alla notizia, una narrazione rispettosa anche dei familiari delle persone coinvolte”. Poche righe che contengono semplici indicazioni utili ai colleghi per stabilire cosa è lecito raccontare e mostrare e cosa no, quando si tratta di argomenti delicati, come la violenza nei confronti di donne o di qualsiasi persona qualunque sia la sua identità sessuale. Occorre ricordare che esistono anche ulteriori strumenti come il Manifesto di Venezia a cui i colleghi sono stati chiamati ad aderire volontariamente, sottoscritto da centinaia di colleghe e colleghi e per quello che riguarda il servizio pubblico, inserito nel contratto giornalistico della Rai.