Una domenica di sangue a Kobane. Offensiva dell’aviazione militare turca

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E’ una domenica di sangue, e non solo in Ucraina. Nella notte l’aviazione militare turca ha lanciato una operazione nel nord al confine tra Siria e Iraq dove le forze armate di Ankara “hanno distrutto grotte, tunnel, magazzini dell’esercito curdo” come recita il comunicato del ministro della Difesa. Colpita ancora una volta la città di Kobane e dintorni . Nel mirino il Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) e lo Ypg (Unità di protezione del Popolo), milizie attive in Siria. Si contano almeno 31 morti e la distruzione di silos di grano e di una centrale elettrica, obiettivi civili dunque. Tra le vittime anche un giornalista siriano corrispondente di un’agenzia di stampa curda.
E’ la risposta all’attentato che domenica 13 novembre ha scosso Istanbul con 6 morti ed una ottantina di feriti, di cui il Pkk è ritenuto responsabile.
La Turchia ha giustificato il raid aereo della notte scorsa come diritto all’autodifesa ai sensi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni. Insomma, una strage legittima e perfettamente in regola con le leggi. Forse è un po’ troppo anche per gli stomaci addobbati con la classica e folta peluria. E’una strage che non può passare sotto silenzio nell’opinione pubblica anche se il “realismo politico” consiglierebbe di soprassedere. Il ruolo che si è ritagliato il presidente turco Erdogan per la soluzione del conflitto russo-ucraino impone di ignorare (o quanto meno sminuire) gli avvenimenti ma come europei non possiamo dimenticare il ruolo fondamentale svolto dai combattenti curdi in Siria dove hanno contrastato l’egemonia dei terroristi islamisti dell’Isis.
Noi giornalisti siamo stati i poetici aedi delle gesta di questi volontari, raccontando con dovizia le imprese delle milizie femminili che hanno pagato prezzi altissimi nella guerra, e soffermandoci sulla avanzatissima costituzione del Rojava. Oggi dovremmo almeno riuscire ad abbaiare visto che non riusciamo più ad assolvere al ruolo fondativo della libera stampa di essere i cani da guardia della democrazia.
(Foto archivio Articolo 21)


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