Tutti giù per terra

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“Fino a che l’ultimo dei naufraghi non sarà sbarcato noi resteremo qui”. Hanno mantenuto la promessa i tanti attivisti che da sabato scorso si sono ritrovati al Porto di Catania all’arrivo della Humanity 1, la prima nave ad essere attraccata. E hanno continuato con i flash mob dalla mattina alla sera quando al molo 10 è attraccata la Geo Barents con 572 persone a bordo. E ieri sera alle 19.15 il capo missione di Medici Senza Frontiere Juan Matthias Gil ha informato i giornalisti che si trovavano dietro alle transenne che tutti i naufraghi sarebbero sbarcati.

E’ stato il parere conclusivo della commissione medica a determinare la decisione di far sbarcare tutti a terra. Il loro stato di salute è incompatibile con la permanenza a bordo.

Un esito non scontato. In questi 4 giorni le ong hanno chiesto ripetutamente che tutti potessero sbarcare. Il decreto interministeriale prevedeva che solo i soggetti fragili e vulnerabili (donne incinte, bambini e malati) potevano scendere a terra. Ma le ong ribadivano che fragili e vulnerabili sono tutti i naufraghi a bordo delle quattro navi che da giorni erano al largo delle coste siciliane. Fragili e vulnerabili perché il loro è stato un viaggio di speranza per scappare da guerre e miseria. Nel tragitto molti di loro hanno conosciuto le violazioni dei diritti umani dei lager libici. E sulla loro pelle i medici hanno riscontrato i segni inequivocabili delle torture.

Sono scesi a terra tutti. I 212 naufraghi della Geo Barents, i 34 pakistani rimasti sulla Humanity 1 che avevano iniziato uno sciopero della fame, gli 89 della Rise Above sbarcati a Reggio Calabria. E i 234 della Ocean Viking sbarcheranno a Marsiglia.

Per noi giornalisti che da sabato ci troviamo a Catania non è stato facile raccontare ciò che accadeva. Tenuti a debita distanza dalle navi, dietro a transenne spostate sempre più lontano, le uniche informazioni sulle condizioni dei migranti le abbiamo apprese dalle ong, dai legali, e dai parlamentari che sono saliti a bordo (Soumahoro, Nicita, Barbagallo, Provenzano). E così, tutti insieme, giornalisti tv, radio, di carta stampata e agenzie stampa, abbiamo chiesto alla Prefettura e all’Autorità portuale di farci salire a bordo, in nome del diritto di cronaca. Per raccontare senza filtri, con i nostri occhi e con le nostre orecchie cosa stesse accadendo sulle navi, quale fosse lo stato di salute e psicologico dei naufraghi a bordo.
La Federazione della Stampa ha immediatamente risposto al nostro appello affermando che “la stampa non può essere imbavagliata”.

Ora i naufraghi sono scesi e non c’è necessità di salire a bordo. Ma queste giornate devono di servire di lezione: ai giornalisti bisogna garantire il diritto di esercitare il proprio lavoro: raccontare ciò che accade. Perché i cittadini hanno il diritto di essere adeguatamente informati.


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