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Papa Francesco e la comunicazione

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Quando Francesco parla di comunicazione ai suoi comunicatori della Santa Sede parla certamente quale autorità spirituale, ma anche da capo di Stato, possiamo dire da “editore”. E’ certamente in questa duplice veste che ha parlato rivolgendosi a tutti i componenti del suo Dicastero per le Comunicazioni Sociali. Leggere il suo discorso richiede dunque una duplice attenzione: parla l’autorità spirituale, ma parla anche chi guida un’istituzione che comunica, e difficilmente si può negare un carattere o un tono anche “istituzionale” alle sue parole. A partire da queste: “Importante non è quello che dico, no, ma quello che dico a ciò che l’altro mi dice, a quello che ascolto. Per questo la filosofia “dell’altoparlante” non serve; piuttosto è una filosofia, diciamo, “al telefono”: si ascolta, si risponde”. Sorprendente come inizio, no? Se si accetta questa sorpresa allora è meno sorprendente il passaggio successivo: “Il dialogo: non può esserci comunicazione senza un dialogo e senza movimento, senza muoversi; e questo sempre rischia. Perché noi abbiamo questa legge dell’inerzia, dell’inerzia che ti spinge, sempre seduti sulla stessa cosa, dire le cose, dare le notizie e poi zitti. No. Tu devi ascoltare come è ricevuta quella cosa, e quale reazione provoca. E per questo ci sono alcuni di voi che a me toccano tanto, per esempio l’entusiasmo di Monda [Direttore dell’Osservatore Romano]. Monda non è un giornalista, è un poeta, un creatore, perché lui comunica in poesia, lui con creatività ascolta quello che dice la gente… E poi L’Osservatore – sì, L’Osservatore è un problema, lo sappiamo tutti – e invece di chiudere L’Osservatore, ne fa un altro, quello “di Strada”, e vai! Questo è comunicare, cercare sempre le frontiere, altre, altre… L’inquietudine comunicativa. E questo comporta un certo disordine. Il comunicatore non riesce ad avere tutto in ordine, sempre c’è qualche disordine, perché siamo così noi umani”.  L’elogio del nuovo Osservatore non è formale, o banale. C’era un tempo lo stile paludato, dal quale emergeva in filigrana qualche indizio di “novità”. Oggi c’è l’elogio delle nuove frontiere e quindi del disordine. Ma non è tutto: “Il comunicatore deve andare sempre rischiando, sempre sulla strada, sempre nel coinvolgimento con la vita”.

Questo è comunicare per Francesco e lui la chiama comunicazione creativa! Ovviamente non disgiunta dai valori, la comunicazione dei valori non può estranea all’idea di comunicazione di un’autorità spirituale. Ma che vuol dire? “Sono diffidente dei comunicatori asettici, questi che sono pura tecnica, pura. Sì, ma la tecnica da sola non serve, la tecnica ti aiuta se dietro c’è un cuore, c’è una mente, se c’è un uomo, una donna che dà del suo. State attenti a non scivolare soltanto sulla tecnica, perché questo ti porta a una comunicazione asettica, priva di valori, e che poi può cadere in mano ai commercialisti o alle ideologie del momento. […] La tecnica è necessaria per lo sviluppo, ma se c’è l’umano. Questo è molto importante, comunicare con il cuore e con l’umano, con i valori, e andare avanti”. Secondo alcuni testi il papa avrebbe aggiunto, forse a braccio, alcune considerazioni molto importanti, più espressamente rivolte alla comunicazione ufficiale ecclesiale, come queste:  “Gesù non ha mai avuto paura del lebbroso, del povero, dello straniero, anche se queste persone erano segnate da uno stigma morale. Gesù non ha mai ignorato gli irregolari di ogni genere”. Mai ignorare gli irregolari…. Parole da pesare con attenzione, o con diverse attenzioni… Quante irregolarità esistono? E ancora: “ Solo una Chiesa che è immersa nella realtà conosce davvero ciò che si trova nel cuore dell’uomo contemporaneo. Quindi, ogni vera comunicazione è fatta soprattutto di ascolto concreto, è fatta di incontri, di volti, di storie. Se non sappiamo stare nella realtà, ci limiteremo solo a indicare dall’alto direzioni a cui nessuno presterà ascolto. La comunicazione dovrebbe essere un grande aiuto per la Chiesa, per abitare concretamente nella realtà, favorendo l’ascolto e intercettando le grandi domande degli uomini e delle donne di oggi”. Un discorso da leggere con diverse lenti, umane, sociali e giornalistiche oltre che ecclesiali.


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