Sono tanti i “Professori” in televisione, in RAI in particolare. Pochi i “Maestri”, una tribù che giorno dopo giorno diventa sempre meno numerosa: “razza” in via d’estinzione, e non solo perché il tempo scorre, non lascia scampo.
Di questa “tribù” di “Maestri” ha fatto parte a pieno titolo Paolo Meucci, un nome che non aveva bisogno di essere “volto”. L’“essere”, per lui non consisteva nell’“apparire”. Piuttosto lo trovavi nella cura del lavoro ben fatto: quello di un artigiano che ama il suo lavoro e lo fa con metodo, perizia. “Maestro”, non è un’esagerazione, anche davanti a una tazzina di caffè, durante una pausa del montaggio; anche in quei momenti di non lavoro c’era qualcosa imparare. Te lo diceva come consiglio, quasi un inciso: “A proposito, forse, che dici, non si potrebbe provare a…”. Aveva ragione lui: quell’immagine, o quella battuta che avevi sacrificato era invece più appropriata ed efficace di quella scelta in un primo momento. Il suggerimento arrivava nel momento giusto, indovinava quando eri pronto ad accoglierlo senza viverlo come un’ingerenza, un’imposizione, te lo porgeva come consiglio…
Era una bella TV in una RAI che ancora potevi sopportare, quella dei giorni di Paolo. Si occupava dei “dossier” del “Tg2“, e con “leggerezza”, aria apparentemente svagata, di chi capita per caso. Ma, perbacco!”, non gli sfuggiva nulla, nulla dava per scontato. Ti dava fiducia, però non abdicava alla sua funzione di controllo, pacato, equilibrato, rigoroso. Gli potevi parlare prima, durante e dopo: quando ti preparavi e impostavi lo schema di lavoro; quando un imprevisto creava contrattempi spiacevoli e ti aiutava a superarli; quando “montata” la storia, la rivedervi con lui col passo della moviola: si accorgeva di “piccoli” essenziali particolari sfuggiti… Capace di ascoltare e di farsi ascoltare. Da lui imparavi che in TV è l’immagine quella che conta e va privilegiata, che un buon operatore di ripresa con cui instauri un buon rapporto simbiotico ti risolve poi mille problemi durante una trasferta; che in saletta la collaborazione del montatore è fondamentale, è bene parlargli e ascoltarlo, accogliere i suoi suggerimenti, perché valorizzare le immagini e i ritmi è il suo mestiere e ne sa più di te: è lui che “vede” tra mille, le dieci sequenze che contano e valgono. Il tuo testo può essere poesia, ma senza immagini a fuoco e un montaggio ritmato, vale quanto la carta igienica del bagno in fondo a destra.
E’ stato, Paolo parte di una TV colta ma non pedante. Con opinioni, ma rispettosa dei punti di vista; educata, non volgare, mai sguaiata, che si “accontenta” di informare e raccontare realtà nuove o poco conosciute senza l’ansia dello scoop farlocco. Una TV “calda”, sapeva come entrare nelle case senza essere invadente e offensiva; una TV che aveva rispetto per il dettaglio perché è lì che si cela l’anima di chi la fa: chi la vede se ne accorge se c’è cura, competenza, amore per quello che si fa; qualità che si trasmettono con il tempo, l’esperienza e la pazienza di “Maestri” come Paolo: una scuola che ho avuto la fortuna di avere. Una TV che sempre meno si fa, si è capace di fare, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Grazie per tutto Paolo, “Maestro” d’altri tempi che speriamo abbiano un futuro.