Hanno dato la parola alla difesa, l’hanno interrotta, sono rientrati in aula e hanno annunciato il rinvio del processo al 28 febbraio 2023. Così, al tribunale di Mansura, oggi è stato deciso che la persecuzione giudiziaria di Patrick Zaki supererà i tre anni. E se fra tre mesi si riprenderà da dove ci si è fermati oggi, è probabile che si andrà avanti a lungo.
Avevamo detto, all’indomani del colloquio tra Meloni e al-Sisi al G20, che il calendario avrebbe offerto presto una data in cui misurare eventuali cambiamenti nelle relazioni tra i due governi in tema di diritti umani. La data è arrivata e non è cambiato niente.
Patrick Zaki trascorrerà il terzo Natale e il terzo Capodanno nelle mani della repressiva giustizia egiziana: il primo in carcere, gli altri due braccati in casa e senza possibilità di lasciare il paese.
A proposito di festività, è bene ricordare qualcosa che spesso dimentichiamo: Patrick è perseguitato per aver difeso la sua comunità religiosa, la minoranza cristiano-copta, per aver denunciato le discriminazioni che subisce. Lui stesso appartiene alla comunità cristiano-copta. Questo particolare aspetto dell’accanimento giudiziario nei suoi confronti può interessare al nostro governo? Chiedo per un amico: il mio amico Patrick.
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