Un duro manifesto di protesta contro l’egoismo del mondo ipercapitalistico, ideato da Amnesty International o dalle altre associazioni solidaristiche che si battono nel mondo contro terribili disuguaglianze? No, la giornata di oggi, 20 novembre, potrà diventare il simbolo di quale distanza separi il mondo dei ricchi da quello dei poveri: a poche ore di distanza, mentre Cop 27 si chiudeva a Sharm El Sheik con un vago documento di promesse su quello che eventualmente si potrà fare nel 2023 a favore dei Paesi maggiormente danneggiati dai disastri climatici derivati dai massicci inquinamenti prodotti dai Paesi ricchi, a Doha si sono aperti i mondiali di calcio del Qatar, i più dispendiosi della storia. Un vero paradigma degli squilibri sempre più gravi che caratterizzano le sorti delle popolazioni mondiali. Così, in Egitto la grande adunata di Cop 27 si è trasformata nell’ennesima, inutile passerella internazionale. Basti pensare che il numero dei rappresentanti delle industrie fossili più inquinanti era superiore a quello dei delegati degli stati partecipanti. E tra questi l’Italia sul cui ruolo bisognerà fare un discorso a parte.
Miliardi a go go, invece, pronti sul piatto, insieme con interventi cantieristici e supporti militari, da ogni parte, senza alcun ripensamento neppure per la situazione dei diritti sociali e civili del Paese ospitante i mondiali. Parafrasando Marx, oggi è il calcio il vero ‘oppio dei popoli’? Più che il calcio dimostra esserlo l’uso irrispettoso, disgustoso dei grandi capitali.
Distrazione di massa? No. Sembra piuttosto un disegno criminale volto ad assoggettare sempre più i maggiori diseredati nel mondo utilizzando uno sport amato da giovani e anziani. Oppure con l’unico interesse di dimostrare l’assoluta incontrollabilità del potere dei ricchi. Pensate a Musk e a quello che sta facendo con Twitter. Smantella di fatto quel social ma poi lo usa strumentalmente per tentare di restituire visibilità a un pericoloso personaggio come Trump.
Senza più socialismo e comunismo è possibile che solo la Chiesa e il suo formidabile pontefice, insieme con le tante associazioni solidaristiche, debbano denunciare le paurose storture di un capitalismo sempre più aggressivo e sprezzante verso i reali bisogni delle donne, dei bambini, degli uomini del pianeta?
E tutto questo in un contesto nel quale un incessante flusso di miliardi viene destinato agli armamenti. Per la pace non un centesimo, solo il costante, continuo appello dei volontari. Ma quale futuro potrà esserci per un pianeta che disprezza i più poveri, gli affamati, i profughi, le popolazioni africane alle prese con malattie endemiche, siccità, carestie, mentre uno sport che, quello sì, come in passato, potrebbe vivere di entusiasmo più che di miliardi è utilizzato per farci dimenticare per un mese i veri bisogni del mondo.
E’ vero, poi ci sarà Natale. Ma quanto, anche quella festa unica, dovrà fare i conti esclusivamente con il consumismo?