Raffiche di vento, forte pioggia e arriva la bufera. Quella che porta quattro navi umanitarie a ripararsi sotto la Sicilia orientale . A bordo un migliaio di persone soccorse nel Mediterraneo Centrale nelle due settimane di bonaccia in cui i trafficanti si sono scatenati, facendo arrivare nelle nostre coste oltre 9.000 migranti: quasi tutti soccorsi da nostre unità della guardia costiera e finanza, da navi Frontex e da mercantili battenti bandiere straniere : persino un cargo con bandiera Isole Marshall e una petroliera liberiana regolarmente autorizzati a sbarcare migranti uno a Trapani l’altro a Pozzallo.
La nave Diciotti della nostra guardia costiera ha operato notte e giorno: soccorrendo fino a 500 persone alla volta. A Lampedusa le nostre motovedette fanno avanti e o dietro con centinaia di esseri umani recuperati a poche miglia dall’isola. Gli uomini e le donne della guardia costiera e finanza non si lamentano ma hanno le facce distrutte: queste due settimane oltre ai vivi hanno dovuto recuperare 13 morti, 4 erano bambini piccolissimi.
Le foto di alcune vittime sono strazianti. Un’altra foto mi arriva da una famiglia siriana che cerca il figlio: l’ultima immagine scattata sul barcone sul quale viaggiava: sdraiato sulla chiglia di legno, un fazzoletto sulla testa, gli occhi verdi, semichiusi di chi sta per esalare il suo ultimo respiro. Risulta disperso. Chissà forse si sarebbe potuto salvare se qualcuno fosse arrivato in tempo.
Mentre quel giovane siriano e tanti altri come lui aumentavano il numero delle vittime migranti in mare, i mille sulle 4 Ong restavano nel limbo del braccio di ferro tra i paesi europei di bandiera e l’ Italia, porto più vicino e sicuro se non si considera la sorda Malta.
In questo braccio di ferro che si gioca in punta di diritto, il governo italiano approva un decreto firmato dai tre ministeri Interno, Trasporti ed Esteri: sotto l’egida della sicurezza nazionale,si intima il divieto di ingresso considerando i migranti sulle navi umanitarie un possibile pericolo dato che non si può mai sapere chi c’è a bordo tra le decine di persone soccorse. A meno che il comanadate non le identifichi. Impresa pressoché impossibile su una nave civile.
Dato che però a bordo ci sono neonati , donne incinte, disabili, malati e fuori imperversa la bufera, le Ong vengono autorizzate ad entrare in porto per far scendere – previo controllo delle autorità competenti – i vulnerabili. Gli altri dovranno restare sulla nave rispedita fuori dall’Italia.
Le Ong si ribellano: non vogliono macchiarsi di respingimenti illegali, né considerare gli scartati “non vulnerabili” come “carico residuale” . Il comandante della Humanity1 di SoS Humanity decide di non accendere i motori e di restare al porto di Catania davanti una sfilza di telecamere tenute abbastanza lontane da non poter nuocere.
Scene che si ripetono come un tragico deja vú che oggi però risulta anacronistico oltre che disumano.
Quello che si muove nel Mediterraneo orientale e centrale é un flusso migratorio da paesi che negli ultimi cinque anni hanno acuito le crisi interne. I trafficanti si sono rafforzati su tutte le rotte. La Libia con la quale abbiamo rinnovato in tacito assenso il memorandum di intesa continuerà a trattenere e a torturare migranti lasciandoli poi andare se avranno modo di pagare trafficanti e poliziotti corrotti. Alcuni passeranno il confine dirigendosi in Tunisia da dove per ora sembra più facile partire perché la crisi economica si combatte pure così: prendendo i soldi da disperati in fuga.
Migliaia ancora arriveranno e in qualche modo dovranno essere soccorsi e accolti. Inseguire e perseguire le navi Ong non servirà a nient’altro che ad alzare fumo e a perdere tempo inutilmente. Occorre farsi trovare pronti, tutti in Europa. Arriveranno altre bufere: evitiamo quella umanitaria.
Foto. Credits: Sévérine Kpoti