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Libri. Garzia racconta la sinistra poliforme

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Ci teneva molto. Aveva parlato al sottoscritto di “Li ho visti così”. Però il titolo del libro era ignoto. Era nota la traccia: Aldo Garzia, un carissimo amico del vostro cronista, anche lui del 1954 come l’autore del volume, voleva raccontare tutti i personaggi, i tanti miti incontrati e intervistati nella sua lunga e intensissima attività di giornalista.

Purtroppo Aldo non potrà vedere stampato “Li ho visti così, incontri e personaggi”, prefazione di Ritanna Armeni, 235 pagine, editore COOPER. È morto molto prematuramente lo scorso aprile lasciando attoniti amici e colleghi. «È l’ultimo dono di Aldo», dice commosso Famiano Crucianelli, uno dei suoi migliori amici. Uno dei molti riuniti nella sala conferenze Dell’Altra Economia di Testaccio a Roma nella quale lunedì 21 novembre è stato presentato il suo libro grazie all’iniziativa degli amici e delle amate sorelle Dora, Giovanna e Maurizia.

C’è chi descrive Aldo come un intellettuale molto serio, controllato. Solo in parte era così: aveva anche uno spirito allegro, ironico, corrosivo. Ogni tanto emergeva nei suoi articoli, nei suoi libri, nelle sue battute. Era il 2014 e la stella di Massimo D’Alema non brillava più nel firmamento della politica italiana. La scena si svolge in un divanetto del Transatlantico di Montecitorio. Improvvisamente dice sornione a un collega della Rai: «Certo per voi dalemiani non tira una bella aria…». Silenzio interminabile e una risposta mormorata: «Non sono mai stato dalemiano!».

Aldo era un uomo di sinistra, convintamente di sinistra, ma svolse sempre il suo lavoro di giornalista parlamentare in piena libertà ed autonomia senza farsi condizionare da appartenenze. Il suo coraggio lo portò spesso in rotta di collisione con leader potenti del calibro di Massimo D’Alema e Walter Veltroni. Un giorno scrisse un articolo certamente non lusinghiero per Veltroni, teorico della svolta kennedyana del Pci-Pds-Ds-Pd. Sorridendo mi mostrò il titolo del pezzo: «Veltroni, da Kennedy a Fioroni». L’accostamento tra i personaggi non poteva essere più stridente, evocava una terribile parabola. Fioroni era un esponente viterbese non brillante del Pd, un ex dirigente minore della Dc. Aldo dopo qualche tempo confidò: «Pensavo che Veltroni non mi salutasse più, invece l’ho incontrato alla Camera e mi ha stretto la mano!».

Il suo coraggio sfiorò quasi l’autolesionismo, difatti “non fece carriera” come tanti altri. Fu uno storico e stimato giornalista del ‘Manifesto’ (il giornale creato da Castellina, Magri, Parlato, Pintor, Rossanda a sinistra del Pci), di ‘Askanews’ e di tante riviste di sinistra come ‘Aprile’ (di questa fu direttore). Non era un settario. Non aveva pregiudizi politici a sinistra.

Aldo trovava del buono sia nella sinistra comunista, sia in quella socialista, sia in quella socialdemocratica sia in quella ecologista. La discriminante era una seria critica al sistema capitalista. Stimava Fidel Castro, autore della rivoluzione comunista cubana (e amava follemente L’Avana); Olof Palme, il socialdemocratico svedese pacifista e terzomondista; José Zapatero, il socialista libertario spagnolo. In Italia il suo mito era Pietro Ingrao, dirigente del Pci venerato ma che non sfuggiva alle sue graffianti imitazioni.

Tuttavia i suoi miti non abitavano solo il mondo della politica. Difatti in “Li ho visti così” ci sono anche personaggi della cultura, del cinema, della musica, dello sport. Scrive di Ingmar Bergman, Jean-Paul Sartre, Gino Paoli (del quale era amico), Loredana Bertè, Domenico Modugno, Gianni Rivera. Aveva una grande passione anche per l’affascinante Brigitte Bardot che, però, non compare nel libro a differenza degli altri.

In “Li ho visti così” sono descritti anche personaggi minori ma con un ruolo rilevante. Uno di questi è Vezio, al secolo Vezio Bagazzini. Vezio gestiva un piccolo bar in via dei Delfini, dietro via Botteghe Oscure, la storica sede del Pci. Vezio (comunista ortodosso) conosceva tutti i dirigenti del Bottegone che, prendendo il caffè, parlavano un po’ di tutto. Vezio era un punto di riferimento per i militanti comunisti e per i cronisti politici dei vari giornali (come il sottoscritto) non solo per bere un caffè: parlando con lui si capiva l’aria che tirava nei piani alti del Pci-Pds. Dopo lo scioglimento del Pci e il trasferimento dei partiti eredi da Botteghe Oscure, fu sfrattato anche Vezio. Nel 2010 andò a Tor di Nona. Aldo racconta: «Lì, però, il bar di Vezio non era più lo stesso. Lui si era perfino intristito. La malattia iniziava a prendere il sopravvento». Dopo poco morì.

Aldo era una persona tanto affettuosa quanto riservata. Raccontava al sottoscritto con orgoglio di sua sorella Maurizia, direttrice dell’Università Americana, che lo assisteva premurosamente dopo l’ictus. Al funerale di Aldo lo dissi a Maurizia. Lei rispose dicendosi sorpresa dei suoi apprezzamenti: «Che stupido! A me non ha mai detto niente!». Ciao Aldo.


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