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Una riflessione collettiva sul caso Jannacopulos, gli interventi di Fnsi, Sgv

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Difesa del diritto/dovere di informare sancito dall’articolo 21 della Costituzione e tutela della dignità del lavoro costituiscono i principi ai quali Federazione nazionale della stampa italiana e Sindacato giornalisti Veneto fanno riferimento nel vigilare sulla vicenda giudiziaria che vede coinvolto l’editore Giovanni Jannacopulos, proprietario del gruppo televisivo veneto Medianordest, destinatario di una ordinanza cautelare interdittiva a esercitare per un anno l’attività di impresa di editoria attraverso le emittenti Rete veneta e Antenna Tre.

L’accusa mossa dalla Procura di Vicenza è di minacce continuate nei confronti del direttore generale dell’Ulss 7 Pedemontana, Carlo Bramezza, formulate anche utilizzando come mezzo di pressione indebita le televisioni con numerosi servizi giornalistici di “attacco frontale”, senza possibilità di replica, per non aver obbedito alle richieste dell’indagato in merito a spostamenti e promozioni all’interno dell’ospedale.

Fino a giudizio definitivo vale per tutti la presunzione di innocenza.

Tuttavia quanto sta emergendo impone una riflessione collettiva sulla fondamentale importanza di rispettare e di praticare il dettato costituzionale e deontologico del diritto/dovere di informare in maniera corretta e trasparente unitamente alla garanzia di condizioni di lavoro dignitose strettamente contrattuale.
Le carte dell’inchiesta parrebbero, allo stato attuale, delineare uno stravolgimento delle regole giornalistiche che impongono innanzi tutto al direttore responsabile di organizzare il lavoro e di dettare la scaletta delle notizie, secondo la linea editoriale condivisa con la proprietà, nel pubblico interesse e in nome della libertà di informazione e di critica con l’obbligo inderogabile di richiamarsi alla verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede.

Tale potere decisionale, secondo l’impianto accusatorio, sarebbe invece stato in capo a una figura del tutto esterna alla gerarchia della redazione, quale appunto l’indagato, che avrebbe addirittura preteso all’interno dei tg campagne denigratorie o imposto l’oscuramento di personaggi politici non graditi. In questo contesto opaco è necessario comprendere il ruolo dei giornalisti coinvolti.

Fnsi e Sgv richiamano alla forte responsabilità sociale e civile di chi fa impresa editoriale – ancor più se finanziata con fondi pubblici come nel caso in questione – e di chi svolge la professione giornalistica che non devono assecondare mala informazione, disinformazione, manipolazione delle notizie.
Sulla vicenda è intervenuta anche l’Usigrai


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