Ilaria sembra un giunco, pallida e resistente: oggi ha dato il via all’ottavo Memorial Stefano Cucchi, una corsa, una staffetta dei diritti tra luoghi simbolici di Roma, perchè a Stefano piacevano lo sport e l’aria aperta. È nata così “Umanità in marcia”, perchè la verità e la giustizia hanno bisogno di tutti.
Al parco degli Acquedotti, sotto la lastra di marmo “In ricordo di Stefano Cucchi, 1979-2009”, si è ritrovata uno spicchio di umanità in maglietta verde, con il disegno realizzato da Maria Chiara Gianolla per il Memorial. Ci si ritrova al via grazie al lavoro di tanti volontari e a quello di Gianluca Peciola, del Memorial Stefano Cucchi, che tiene insieme una rete di oltre 40 associazioni da Amnesty International a Libera, da Emergency a Cittadinanza Attiva, all’Uisp, alla Cgil, alla Fiom.
La Staffetta parte lenta, una cinquantina di podisti che si daranno il cambio in una dozzina di tappe disseminate nei 17 chilometri di percorso, verso il ventre di Roma, piazza Montecitorio. Ricorda la lentezza dei treni per Reggio Calabria, quelli che 40 anni fa partirono dalla stazione di Roma Ostiense per arrivare testardamente nel capoluogo calabrese, per liberarlo dalla paura e dalla violenza dei moti fascisti di Ciccio Franco.
Lenta procede la carovana dell’umanità in marcia tra le vie di Roma, tocca i luoghi simbolo della storia di Stefano e della battaglia per i diritti umani, civili e sociali. Ogni tappa è dedicata a celebrare la difesa di un diritto fondamentale ed è presidiata dalle associazioni e realtà del territorio. Si passa davanti la scuola Carlo Pisacane (dove Stefano frequentó le elementari), poi Esquilino e piazza Vittorio, quartieri simbolo di convivenza multietnica, e poi dritti verso il il cuore della Capitale, sfidando le comitive dello shopping del sabato pomeriggio.
Conta arrivare, perchè quest’anno il Memorial si carica di un ricordo in più, un significato importante, a cinque giorni dalla scomparsa di Rita Calore, la mamma di Ilaria e Stefano. Rita ha combattuto fino alla fine al fianco di Ilaria, insieme al marito Giovanni e a Fabio Anselmo e ha lasciato a tutta la comunità un grande insegnamento di forza, dignità nel dolore e fiducia nella giustizia.
Ci sono anche Articolo 21 e la rete No Bavaglio, c’è la comunità delle giornaliste e dei giornalisti che non resetta. E’ vero che è considerata da taluni fuori tempo, fuori moda. Soprattutto dai sacerdoti del fast net, quelli che vent’anni fa ci dicevano che in rete era tutto facile, tutto gratis, tutto democratico. Non è così, ce ne stiamo accorgendo, la verità e la giustizia a volte sono lente. C’è bisogno di gente ostinata come Ilaria, come Fabio, come mamma e papà Cucchi. E c’è bisogno di noi: dove ci vuole verità siamo lì, al fianco di chi non ci rinuncia. Noi, capaci di memoria, di lentezza, di profondità. Perchè la giustizia è lenta e molto spesso arriva: la storia di Stefano Cucchi ce lo dimostra, puntellata di omertà e depistaggi ma anche della sentenza del 4 aprile 2022 con la quale la Cassazione ha condannato in via definitiva i due carabinieri responsabili dell’omicidio.
Oggi ci sono Ilaria e Fabio alla testa di questo corteo di camminanti, domani e dopodomani ci saranno altre cause giuste da accompagnare, in nome delle quali sfidare l’indifferenza. Il 22 ottobre 1972 c’era un’umanità di operai e studenti, gente del nord e del sud: arrivarono in 40.000 a Reggio Calabria. E ai treni speciali si aggiunse anche una nave, noleggiata da 1.000 operai dell’Ansaldo di Genova.
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