Il neo Ministro della Difesa Guido Crosetto ha annunciato platealmente che presenterà querela per diffamazione a mezzo stampa contro Il Domani e gli autori degli articoli che fanno riferimento ad un suo conflitto di interesse. Non è entrato nel merito delle notizie pubblicate, ha solo detto che firmerà una denuncia, o più di una non si sa. Nessuna risposta al contenuto degli articoli, nessuna precisazione. Non è il primo, Crosetto, ad assumere questo atteggiamento: in Italia decine di amministratori pubblici presentano denunce infondate contro i giornalisti, che dopo sei-sette anni, in media, vengono archiviate o si risolvono con assoluzioni. Succede in più del 90% dei casi ma questo il Ministro, probabilmente, lo sa perché gli organismi di categoria lo vanno diffondendo da diverso tempo. In Parlamento è anche arrivata una proposta di modifica dell’attuale normativa sulla diffamazione a mezzo stampa. Non può essere sfuggito il dato che la stragrande maggioranza delle querele contro i giornalisti sono pretestuose e dunque si qualificano come vere e proprie intimidazioni. Subito dopo le dichiarazioni del Ministro Crosetto, il Presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, ha ricordato come “la legge per contrastare le querele bavaglio e punire le azioni temerarie è ferma dal 2002 e così resterà per volontà trasversali sempre più chiare”.
Ma che cosa ha scritto di così grave e asseritamente diffamante Il Domani? Un’inchiesta in tre puntate nella quale si parla dei rapporti economici pregressi dell’attuale Ministro con società di settori di cui si dovrà, d’ora in poi, occupare da ministro. Le notizie trovate e riportate sul giornale sono state ritenute pertinenti e di pubblico interesse dagli autori, Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian. Con quest’ultimo abbiamo affrontato alcuni nodi dell’attuale legislazione sulla diffamazione nonché sui rischi che ormai corre l’informazione in Italia e coloro che la fanno.
Possiamo perdere definitivamente la speranza che ci sia una modifica alla attuale normativa sulle querele per diffamazione?
Devo dire che purtroppo, a prescindere dai Governi, c’è sempre stata una forte contrapposizione tra la politica e la nostra categoria. Ora, con questo Governo, il Ministro della Difesa inizia malissimo. Un Ministro della Repubblica che minaccia querele senza entrare minimamente nel contenuto è un fatto oggettivamente molto grave. Sono i toni utilizzati che non vanno bene, perché anticipa la condanna di chi ha scritto il pezzo, quando sappiamo che prima dovrà essere presentata la querela, poi ci sarà un processo e poi si vedrà come andrà. Da questo punto di vista è un segnale pessimo della politica verso l’informazione e purtroppo anche in relazione alla speranza di modificare la legge attuale sulla diffamazione.
Crosetto, da Ministro, sta attuando lo stesso metodo dei sindaci di Comuni minuscoli (tipo Campodimele – 350 abitanti) dove le querele si fanno con i soldi della pubblica amministrazione anche se la presunta persona offesa è il reggente pro tempore, così inseguire i giornalisti non costa nulla, anzi tutto è carico delle casse pubbliche. E’ normale?
“Per ora ha minacciato dei denunciare, poi vediamo come lo farà e in che veste. Resta il fatto che è un Ministro e avrebbe avuto mille modi per difendersi, ha uno staff, ha un Ministero cui affidare eventuali rettifiche. E’ curioso quindi che si comporti come un cittadino qualunque. Voglio dire che il nostro è stato un lavoro meticoloso e curato, pubblicato in tre puntate. Il nostro giornale ha potuto permettersi di ‘reggere’ un’inchiesta del genere e potrà sostenere la nostra difesa in caso di eventuale processo. Ma io penso a realtà più piccole, sole di fronte ad un Ministro. Tutt’altra storia”
L’8 novembre nel Lazio i cronisti di giudiziaria faranno un sit in sotto le sedi delle Procure ad un anno dalla pubblicazione del decreto sulla presunzione d’innocenza che si sta rivelando un altro bavaglio. Può esistere ancora la cronaca giudiziaria in questo Paese?
“Per il combinato disposto delle azioni legali bavaglio e degli effetti del decreto Cartabia il sistema dell’informazione in Italia si ritrova fortemente indebolito. Credo che la nostra categoria si sia trovata di fronte a questo scenario anche un po’ impreparata, perché, diciamo la verità, quel decreto è stato fatto mentre i giornalisti erano impegnati su altri fronti, la pandemia, la guerra… Insomma non abbiamo nemmeno avuto il tempo o la possibilità di capirne l’impatto. Ora siamo in pieno caos. Ci sono comunicati delle Procure dove non capisce proprio la notizia quale sia. Cioè: abbiamo demandato ad un magistrato ciò che è il compito precipuo dei giornalisti, ossia valutare l’esistenza, l’interesse pubblico e la continenza di una notizia. Questo non lo può fare il Procuratore e non è un problema dei giornalisti ma una questione che riguarda i cittadini. Poniamo che venga arrestato un sindaco della città X e che il Procuratore non la ritenga una notizia, il cittadino o l’associazione Y va in Comune per avere un incontro col sindaco e non lo trova e nemmeno sa il perché. Per gestire le esagerazioni dell’informazione giudiziaria, che pure ci sono state non lo nego, si è fatto un pasticciaccio. Noi naturalmente saremo alla manifestazione di Roma per far comprendere quali sono i paradossi del decreto. Una norma che, peraltro, ha interrotto alcune buone pratiche come la trasmissione di atti ai giornalisti in modo trasparente”.
Da 30 anni ci si arrovella su come raccontare i processi, ma il problema oltre al narrandum è il narrato, ossia il contenuto della cronaca giudiziaria italiana, su cui non ci si pone le stesse domande o no?
“Infatti è questo il punto, oltre a tutto il resto. Credo che noi giornalisti dovremmo fare anche un po’ di autocritica perché è una categoria dilaniata da posizioni diverse, spesso del tutto contrapposte. Invece su temi come questi dovremmo essere tutti uniti e andare nella stessa direzione, quella di migliorare l’accesso alle notizie perché esse possano arrivare ai cittadini”.
(Nella foto Giovanni Tizian)