I “piccoli segni” ricordati nel titolo del trentesimo convegno del Centro Balducci di Zugliano hanno inciso profondamente gli animi di coloro che hanno ascoltato gli ospiti e i moderatori di quattro giorni dedicati a don Pierluigi Di Piazza, il fondatore del Centro, scomparso a maggio. L’intento non era quello di celebrare la figura di don Pierluigi, ma di tentare di comprendere come quest’uomo sia riuscito, partendo solo da un’idea, a far nascere la sua creatura e a farla crescere fino a farla diventare un punto di riferimento internazionale.
Per fare questo ci si è basati su alcuni caposaldi della filosofia di don Di Piazza che non cessava mai di ripetere. Il primo consiste nel fatto che indicava sempre come sue bussole etiche il Vangelo e la Costituzione. Due bussole che non serviva separare perché indicavano sempre il medesimo punto cardinale a cui riferirsi.
Il secondo assunto era imperniato sulla differenza tra fede e religione che ben era stato messo a fuoco nel suo libro “Fuori da tempio”, per spiegare che la fede non ha bisogno di ritualità e sfarzi, ma, anzi, può risentirne pesantemente: lui amava ripetere che puntava su «una fede profonda e una religione leggera».
L’altro punto fondamentale è esplicitato nella “ragione sociale” stessa del Centro Balducci che è di «accoglienza e promozione culturale». Pierluigi, infatti, ha sostenuto fin da subito l’idea che la solidarietà, senza una contemporanea crescita culturale del tessuto in cui è applicata, è destinata ad appassire in breve. Da quel momento ha cominciato a offrire dapprima ai parrocchiani e poi ai tantissimi che arrivavano anche da lontano una serie di eventi culturali, dibattiti, conferenze, presentazioni di libri, con il dichiarato intento di far discutere e ragionare, con la convinzione che la laicità di cui erano intrisi i suoi appuntamenti, pur se non sempre vista con piacere dalla religione, non era assolutamente di intralcio alla fede; anzi. Ma soprattutto perché riteneva che solidarietà e cultura non devono essere considerate come entità distinte e separabili, ma sono un’unica realtà strettamente intrecciata, capace di far diventare stabile un sistema di vicinanza con il prossimo che non può vivere sulla base di impulsi estemporanei, ma deve diventare la traccia di un cammino lungo e non semplice, ma in grado di trasformare le utopie in realtà.
E così, grazie alla capacità e alla profondità di pensiero dei relatori, ma anche dei moderatori, ognuno dei segmenti temporali e di argomento in cui è stato diviso il convegno e ai quali è stato dato il nome di un libro scritto da don Di Piazza, ha profondamente segnato l’attenzione e le riflessioni del pubblico che non è mai mancato, né nella segata inaugurale al teatro di Udine, né nella sala del Centro Balducci.
In “Nel cuore dell’umanità”, dopo gli interventi del fratello Vito Di Piazza, e del nuovo presidente del Centro, don Paolo Iannaccone, condotti da Marinella Chirico, sono intervenuti il teologo Vito Mancuso che ha analizzato la figura di prete e di laico di don Pierluigi, e il senatore ed ex procuratore capo di Palermo, Roberto Scarpinato, che ha cercato di risolvere razionalmente il problema del come e perché molti mafiosi possano sentirsi buoni cristiani. Infine ha parlato il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana che ha voluto approfondire proprio il tema della solidarietà e delle disuguaglianze drammaticamente ampliatesi in una società in cui l’unico parametro di giudizio sembra essere diventato il successo economico.
Il giorno successivo in “Il mio nemico è l’indifferenza”, Paolo Mosanghini ha fatto intrecciare un dialogo tra Maurizio Pallante, presidente del Movimento per la Decrescita felice, Furio Honsell, ex rettore dell’Università di Udine e attualmente uomo politico, Mario Novello, già responsabile del Dipartimento di salute mentale di Udine e don Marcello Cozzi di Libera. Un dialogo in cui si è messo in luce il fatto che Pierluigi non ha mai evitato gli argomenti spinosi, ma, anzi, spesso è andato a cercarli con la convinzione che i dubbi possono essere dissolti soltanto con il confronto con gli altri.
La sera è toccato ai “Compagni di strada”, coloro che hanno accompagnato don Di Piazza nella faticosa realizzazione del Centro Balducci. Sollecitati da Fabiana Martini, oltre al fratello Vito di Piazza hanno rispolverato i loro ricordi suor Marina Kuruvilla, dell’ordine delle Sorelle della Sacra Famiglia, che è al Balducci da 14 anni, Gianna del Fabbro che ha rappresentato i primi volontari, Gian Paolo Gri e Angelo Vianello, docenti dell’Università di Udine che ha insignito don Pierluigi della laurea honoris causa come “imprenditore di solidarietà”, don Mario Vatta, amico fraterno e rappresentante dei sacerdoti che ogni anno affrontano i maggiori problemi sociali nella “Lettera di Natale” e Paola Colombo, presidente dell’Associazione vicino/lontano.
Poi, in “Non girarti dall’altra parte” il tema è stato quello dell’immigrazione e, con Luciana Borsatti, hanno parlato Duccio Facchini, direttore di “Altreconomia”, i giornalisti Valerio Cataldi e Luciano Scalettari e Gianfranco Schiavone, presidente dell’ICS, Ufficio Rifugiati, in coda ai quali è intervenuta, a volto e nome celati, un’afghana rappresentante di Rawa, l’organizzazione che lotta contro i talebani per riuscire a ridare i diritti alle donne.
Ultimo appuntamento al Balducci, “Fuori dal tempio”, in cui, con la guida di Anna Piuzzi, è stato proiettato un documentario su don Di Piazza firmato da Marco D’Agostini, e hanno parlato il presidente della Federazione della Stampa, Giuseppe Giulietti, che ha dato al Centro una targa da parte di Articolo 21, la teologa islamica e cristiana Shahrazad Houshmand, intervenuta da Teheran, e la teologa catalana Teresa Forcades, monaca benedettina che hanno dato spessore a questa auspicabile unione tra spiritualità e solidarietà sociale.
Infine, la domenica mattina, ci si è trasferiti a San Dorligo della Valle per la Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza.