Ieri a Torino, nell’ambito del Premio intitolato a Roberto Morrione, si è svolto un emozionante dibattito sulla vicenda di Julian Assange. Com’è noto, il giornalista di origine australiana rischia di essere estradato dalla Gran Bretagna negli Stati Uniti dove incombe su di lui una condanna a 175 anni di carcere. È stato costruito a tavolino un “mostro”, reo di avere messo il naso negli arcani e negli omissis delle guerre di Irak e Afghanistan, nonché nei cabli riservati delle cancellerie o nello scandalo di Guantanamo. Chi l’ha accusato -ricorda sempre il presidente della Federazione della stampa Giulietti- va in giro a tenere conferenze ben remunerate, chi ha permesso di conoscere la verità viene di fatto condannato a morte. Per di più, dopo tredici anni di via crucis, le condizioni psicofisiche del fondatore di WikiLeaks sono assai preoccupanti. Proprio in questi giorni il collegio di difesa, di cui è parte la moglie avvocata di Assange Stella Moris, sta attendendo il giudizio delle corti inglesi sulla possibilità di appellare le decisioni finora favorevoli all’estradizione. Anche se rimane sempre aperta la strada del ricorso alla Corte europea dei diritti umani. Ha ben spiegato la situazione la giornalista e scrittrice Stefania Maurizi, il cui volume “Il potere segreto” (in uscita l’edizione aggiornata in lingua inglese) è stato il punto di riferimento della contro narrazione. Si è rotto un lungo colpevole silenzio, mentre si va chiarendo che Assange è il capro espiatorio di una vera e propria tendenza repressiva: oggi lui, domani tutte e tutti coloro che non piegano la schiena. Sulla stessa lunghezza d’onda è intervenuto Gian Giacomo Migone, ex presidente in tre legislature della Commissione Esteri del Senato, che ha aggiunto una netta critica al completamente della Svezia, dove avvenne l’innesco della parabola giudiziaria. L’evento centrale della serata è stato la consegna da parte del Presidente Carlo Bartoli della tessera ad honorem dell’Ordine dei giornalisti per il figlio al padre di Assange John Shipton. Si è trattato di un momento commovente, con il folto pubblico in piedi ad applaudire: un piccolo risarcimento simbolica a fronte di una plateale ingiustizia. Bartoli ha sottolineato come la paventata sconfitta di Assange costituirebbe un precedente gravissimo per il diritto di cronaca e la libertà di informazione. Tra l’altro, come ribadito in numerose sentenze italiane ed europee, è un dovere del giornalista pubblicare senza remore le notizie di evidenza pubblica, per rispondere al diritto dei cittadini ad essere informati. Ne ha parlato anche, in conclusione, Mara Filippi Morrione, anima della manifestazione intitolata a chi insegnò ad intere generazioni a considerare il giornalismo non solo una professione, bensì pure e soprattutto un’etica civile. Assange è stato, tra l’altro, nominato Garante dall’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, come ha annunciato chi scrive. Hanno dato l’adesione all’iniziativa la “Rete NoBabaglio” e il “Coordinamento per la democrazia costituzionale”. Sono stati, infine, proiettati alcuni degli oltre 80 video di testimonianza per la libertà del fondatore di WikiLeaks raccolti dal Comitato “La mia voce per Assange”, coordinato dalla docente della Sapienza Grazia Tuzi assenta per indisposizione. “Articolo21” continuerà con incessante determinazione la campagna, passaggio cruciale in questa stagione di prove tecniche di sovranismi autoritari.