Lo scorso 26 agosto è stato negato l’ingresso in Turchia al giornalista greco Evangelos Areteos che da più di due decadi racconta al pubblico grecofono le trasformazioni della Turchia.
Un foglio di via che evoca ragioni di “ordine pubblico” e poche altre spiegazioni: dopo 23 anni passati a cercare di comprendere e raccontare la Turchia al pubblico grecofono, percorrendola in lungo e in largo, Evangelos Areteos si è visto negare così l’accesso al paese all’aeroporto di Istanbul-Sabiha Gökçen, da cui è stato rispedito a Bruxelles lo scorso 26 agosto. Giornalista e accademico greco, Areteos ha dedicato alla Turchia due libri e innumerevoli analisi e articoli pubblicati sui media ellenici e ciprioti con cui collaborava.
“Quarant’anni in una tazza di caffè”
In una lettera di commiato postata sul suo profilo Twitter, da cui traspare amarezza più che risentimento, il giornalista ha ripercorso i suoi “40 anni di ricordi nascosti in una tazza di caffè”, come recita il proverbio turco. L’esperienza turca di Areteos copre a dire il vero poco più di due decadi, ma include otto anni trascorsi stabilmente nel paese, gli spostamenti frequenti, la nascita dei figli, i legami di amicizia e professionali. Non sorprende che il giornalista si sia riferito all’espulsione come a un “lutto” da elaborare.
Un viaggio nel sud-est della Turchia, uno nel nord della Siria nel 2015 e i frequenti spostamenti in treno attraverso la “Turchia profonda” sono le motivazioni dell’espulsione che il giornalista deduce dalle domande rivoltegli dalle autorità aeroportuali. A giocare un ruolo sono stati anche i contatti con “persone sospette” e le foto presenti sullo smartphone di Areteos, ricevute attraverso un gruppo Whatsapp, relative alle attività dei curdi nella Siria settentrionale – non è chiaro, però, in che modo le autorità turche vi abbiano avuto accesso. “Come ogni giornalista che fa il suo mestiere, ero il destinatario di notizie e foto” ha scritto Areteos.
La “grande modernizzazione” della Turchia conservatrice
Nel suo lavoro, Areteos non ha mai risparmiato critiche al regime di Erdoğan e alla svolta autoritaria seguita alle proteste di Gezi Park ed esasperata dopo il tentato colpo di stato del 2016. Ma nei suoi scritti il giornalista non si sofferma più di tanto sul teatrino della tracotante retorica nazionalista, spesso unico mantra delle relazioni politiche turche con la Grecia e con Cipro.
A luglio, in viaggio per tastare il polso della Turchia in vista delle elezioni del 2023 – tutt’altro che una formalità per l’AKP – Areteos scriveva che l’Anatolia dà “volto e parole a un paese che in Grecia fatichiamo a comprendere, e che ancora ci ostiniamo a vedere attraverso il prisma di Tayyip Erdoğan e le dichiarazioni dei politici, vedendo ‘l’albero’ e perdendo ‘la foresta’”.
La foresta, per il giornalista, sono le trasformazioni sociali in atto nel paese, l’inarrestabile “treno della grande modernizzazione” analizzato in un libro scritto a quattro mani con Giorgos Angeletopoulos. A determinare la crescente disaffezione verso il reis, sostiene Areteos, non sono soltanto i problemi economici e l’inflazione galoppante, ma anche i cambiamenti in atto nella fascia conservatrice e islamica della popolazione, in quell’Anatolia che in passato era una roccaforte dell’AKP.
Mentre lo stato si muove in senso opposto alla laicità, il processo di secolarizzazione continua inarrestabile, smorzando il tentativo di fare leva sull’Islam per mobilitare l’elettorato. Nella “generazione devota” che Erdoğan ha tentato di coltivare, Areteos osserva “comportamenti sociali e antropologici secolarizzati”, in cui la religione non è affatto l’unico cardine di costruzione dell’identità individuale, e le norme religiose vengono reinterpretate: prova ne sono, ad esempio, le relazioni prematrimoniali.
Trasversale al lavoro di Areteos è il tentativo genuino di andare oltre gli stereotipi, per farsi agente di comprensione reciproca e dialogo – quel dialogo che un provvedimento di espulsione mira a recidere alla radice.
I precedenti
Quello di Areteos non è l’unico caso recente in cui un giornalista di testate estere viene espulso dalla Turchia. Nel 2019 era toccato a tre corrispondenti tedeschi . A due di loro – della TV pubblica ZDF e del quotidiano berlinese Tagesspiegel – le autorità avevano negato il rinnovo dell’accredito stampa senza fornire spiegazioni, intimandogli di lasciare il paese entro 10 giorni.
Il giornalista freelance Sylvain Mercadier, che in passato si era occupato della questione curda, è stato trattenuto in aeroporto e rispedito in Francia nel marzo 2021, mentre era in viaggio verso Diyarbakır.
A novembre dello stesso anno, il giornalista siriano Majed Shamaa, in esilio in Turchia, è stato detenuto dalle autorità e minacciato di essere rimpatriato dopo aver pubblicato su Orient News un video comico ritenuto irrispettoso verso i cittadini turchi.
Quanto ad Areteos, amareggiato ma non rassegnato dopo l’espulsione, ha scritto che continuerà a occuparsi delle vicende del paese “con le stesse convinzioni anche a distanza, sperando che a un certo punto le autorità turche faranno marcia indietro sulla loro decisione”.
L’articolo originale di Alessio Giussani è stato pubblicato sul sito di Obct: https://www.balcanicaucaso.