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Spatriati oltre mare: migrazioni dall’Africa e comunità a confronto

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I Rapporti annuali sulla presenza dei migranti in Italia puntano ad approfondire la portata del fenomeno, ponendosi come leva di conoscenza per la creazione di politiche pubbliche.

Le migrazioni sono un fenomeno complesso, condizionate da una pluralità di driver/fattori influenti, la mobilità ha da sempre costituito un fondamentale tratto distintivo dell’umanità. Le persone fuggono dal proprio Paese per i conflitti in atto, perché mossi dal desiderio di migliorare le proprie vite, per effetti climatici, legami affettivi, prossimità geografica, opportunità socio-economiche, normative favorevoli in materia di immigrazione, decreti relativi ai flussi presenti nei Paesi di destinazione, ma anche tenendo conto della storia delle relazioni tra gli Stati e i territori di origine, secondo parametri che vengono considerati in letteratura come push factor (fattori di spinta) e pull factor (fattori attrattivi).

L’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) analizza la copertura mediatica di eventi particolari nei paesi di origine dei migranti, al fine di prevedere l’impatto di questi eventi sugli spostamenti per protezione internazionale. Questi dati aggregati creano un indicatore complesso, il Push Factor Index (PFI), che porta a considerare Nigeria, Sudan, Egitto, Libia e Sudafrica come i paesi con il più alto PFI nel 2019.

La lettura dei dati del 2020 e di parte del 2021 (gennaio-giugno) sugli attraversamenti irregolari delle frontiere (Frontex, 2021) sottolinea il fatto che la pandemia non abbia frenato i flussi irregolari, ne abbia piuttosto aumentato la portata, per via dei sistemi politici precari e ballerini del continente africano. Sulla rotta del Mediterraneo centrale, gli attraversamenti alla fine del 2020 erano aumentati del 115% rispetto all’anno precedente, così come lungo la rotta atlantica, nel 2020 gli attraversamenti verso le Canarie sono infatti cresciuti di otto volte rispetto al 2019.

Il Rapporto ISMU 2021 fa riflettere anche sul tema dei rimpatri, quale elemento che compatta la cooperazione dei Paesi sulla politica migratoria europea. Secondo la Commissione Europea, affinché l’intero sistema possa essere funzionale, è necessario garantire anche un maggior numero di rimpatri, facilitando le relazioni tra i paesi di origine e di transito in materia di riammissioni. Sul versante africano questo aspetto rappresenta un crinale ripido ed è bene osservare con maggiore attenzione paesi come Niger e Ruanda, che accolgono un alto numero di rifugiati. Una cooperazione basata sugli aspetti esterni della politica migratoria europea riguarda inoltre la lotta al traffico di esseri umani e lo sviluppo di canali di migrazione regolare all’interno dell’Africa e verso l’Europa. In questa logica, tra gli strumenti di policy adottati nel 2021 vanno citati la nuova Direttiva sull’ingresso e soggiorno dei lavoratori altamente qualificati (la cosiddetta “Carta blu UE” – le talent partnership) e la definizione di un piano d’azione sulla lotta al traffico di migranti. E’ bene tuttavia soffermarsi sulla considerazione che questi accordi di cooperazione patiscono l’influenza della Cina, che oltre a condurre direttamente numerosi progetti come la costruzione di porti o lo sfruttamento di giacimenti, acquista enormi quote di debito pubblico di molti Stati africani. L’Europa vedrà quindi ridursi il proprio raggio d’azione, con impatti importanti anche sul piano del potere di negoziazione in materia di gestione dei flussi migratori. L’Italia però in questo scacchiere internazionale avrebbe la possibilità di esercitare una funzione chiave per la sua posizione strategica. Il presente e il futuro delle migrazioni dipenderà dallo sguardo prospettico e politico degli Stati, non si tratta di questioni demografiche, gli ipotetici flussi seguono scenari già prospettatisi. Pertanto, la dimensione globale assunta dalle migrazioni impone una regolamentazione il più estesa possibile da parte degli Stati. Nel 2018 le Nazioni Unite si erano attivate per la stipula del “Patto globale sui rifugiati” e del “Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolata”, ma in entrambi i casi è mancata l’adesione di molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti e l’Italia.

Il Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo, presentato nel 2020, è il più ampio documento strategico elaborato dalla Commissione europea dall’Agenda europea per le migrazioni e propone un approccio olistico alla migrazione e alla mobilità dentro e fuori l’UE, una inevitabile convergenza sulla governance migratoria.


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