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Nel silenzio sulle querele temerarie, un post di Gianpiero Cioffredi accende i riflettori

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Cosa manca alla effettiva libertà di stampa in Italia? Mancano molti tasselli ma uno in particolare viene ricordato troppo poco, specie in ambito politico. Con qualche eccezione e una di queste è il post di Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio per la legalità della Regione Lazio che in un post dedicato alla memoria di Giancarlo Siani ha ricordato quanto pesino le azioni legali temerarie sui giornalisti e dunque sulla libertà di informazione in Italia. “Ricordare Giancarlo Siani difendendo il diritto di cronaca a partire dallo scandalo delle querele temerarie contro i giornalisti – ha scritto Cioffredi sul suo profilo facebook – Aveva solo 26 anni e nonostante fosse un precario era già un giornalista di razza. Scriveva sul Mattino inchieste sulla criminalità organizzata, nominando le famiglie camorriste. Era di Napoli ma scriveva da Torre Annunziata dove comandavano i clan Gionta, Nuvoletta e Giuliano i quali decisero di ucciderlo il 23 settembre di 37 anni fa. Erano le 20.50 del 23 settembre del 1985 e due killer gli spararono 10 colpi in testa con due pistole Beretta 7,65. Ricordare Giancarlo Siani per continuare a combattere le mafie e difendere il diritto di cronaca a partire dallo stop alle querele temerarie contro i giornalisti. Non solo omicidi, lesioni e minacce, negli ultimi anni l’attività dei giornalisti è messa a rischio anche dalle querele temerarie, cioè le cause avviate in sede civile verso singoli o intere testate come deterrente per le inchieste scomode. Un fenomeno in crescita che mina la libera informazione e contro cui è necessaria l’adozione di provvedimenti normativi, tanto a livello europeo quanto italiano. Nel nostro Paese, la storia recente ha visto naufragare diversi tentativi di far approvare dal nostro Parlamento una norma che intervenisse sul reato di diffamazione e sul meccanismo perverso delle liti temerarie, introducendo una sanzione pecuniaria in capo al querelante in caso di sconfitta. Denunciare un giornalista che riporta fatti ‘scomodi’ solo per chiudergli la bocca, convincendo i suoi colleghi ad evitare i temi che potrebbero procurare anche a loro grane giudiziarie e richieste di risarcimento. La cosiddetta querela temeraria, ovvero la denuncia che al vaglio dei giudici risulta assolutamente infondata, è uno degli strumenti più utilizzati da chi vuole mettere il bavaglio alla stampa”.


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