Era andata a letto poco dopo le 21, suor Maria De Coppi, pregando che gli spari che si sentivano in lontananza non causassero troppe vittime. Ma la morte, con il volto degli jihadisti di Cabo Delgado, gli “insurgentes” come li chiamano i locali, è arrivata nella sua missione a Chipene, nel nord del Mozambico, e non le ha lasciato scampo.
Suor Maria è stata uccisa a sangue freddo, con un colpo a bruciapelo, mentre rientrava nella sua stanza dal dormitorio femminile dove era andata per assicurarsi che le ragazze ospitate dalla missione e le sue consorelle fossero al sicuro.
La missionaria comboniana originaria di Santa Lucia di Piave, in provincia di Treviso, aveva 83 anni, 59 vissuti in Mozambico dove aveva trascorso la sua esistenza a fare del bene, ricambiata dall’affetto di tutta la comunità mozambicana.
Nonostante la consapevolezza dei rischi, era già sopravvissuta a un’imboscata in cui morirono 17 persone, non aveva voluto lasciare il sempre più instabile e pericoloso paese africano dove era arrivata nel 1963, in modo piuttosto rocambolesco, dopo oltre un mese di viaggio in mare.
“Sono state ore di grandissima tensione – racconta suor Gabriella Bottani, nipote di suor Maria da cui aveva ricevuto un messaggio nella notte con cui la informava su quanto stava accadendo, poco prima che fosse assassinata – Siamo rimaste con il fiato sospeso perché dovevano essere evacuate dalla zona dell’attacco altre sorelle dalla missione. Dopo il dolore per la perdita di mia zia, oggi (ndr ieri per chi legge) è stata una giornata di grande preoccupazione” conclude con amarezza la giovane religiosa.
Si sono invece salvati don Lorenzo Barro e don Loris Vignandel, entrambi di Pordenone, che durante l’irruzione del gruppo armato sono rimasti chiusi nelle loro camere, e alcune suore che erano fuggite verso la vicina foresta.
“Intorno alle tre di notte abbiamo ricevuto dei messaggi drammatici da don Loris che temeva i ribelli li avessero trovati e che stavano per essere uccisi. “Ci vediamo in Paradiso” aveva scritto. Per fortuna così non è stato. Purtroppo suor Maria non è stata altrettanto fortunata, si è imbattuta proprio nei miliziani che le hanno sparato immediatamente ed è morta sul colpo” dice con voce spezzata dall’emozione Alex Zappalà, direttore del Centro missionario di Pordenone che nelle ore dell’attacco era in contatto con i due sopravvissuti.
Dalle prime informazioni sulla dinamica di quanto accaduto, sembrerebbe che il gruppo armato che ha ucciso suor Maria fosse arrivato ai margini della missione il giorno prima. Si era accampato lungo il fiume Lurio, al confine con la provincia di Cabo Delgado dove da oltre un anno si sono inaspriti gli scontri tra l’esercito mozambicano e i ribelli, che hanno iniziato ad accanirsi contro le comunità locali con violenza crescente.
La scorsa notte l’escalation che si è abbattuta sulla missione di SãoPedro de Lurio-Chipene, distrutta dalla loro furia.
Sono state incendiate la parrocchia, il dormitorio, l’aula di informatica della scuola gestita dai comboniani e i mezzi di trasporto.
“Si è rischiato un vero e proprio massacro – sottolinea padre Alex Zanotelli, missionario comboniano di lungo corso in Africa – Non si tratta di semplici jihadisti, questi ribelli vengono chiamati “insurgentes”, sono espressione di una delle zone più povere del Paese che si sta ribellando. La cosa grave è che noi italiani siamo coinvolti in tutta questa storia, soprattutto a Cabo Delgado dove l’Eni ha scoperto uno dei più grandi giacimenti di gas al mondo e la gente del posto, che è sempre più disperata, è inferocita contro le multinazionaIiche portano via le loro risorse non lasciando nulla sul campo”.
Forse la “chiave” per capire l’accanimento contro una missione di religiosi, che non aveva fatto altro nella sua lunga storia che produrre benessere per i locali e dare assistenza ai più bisognosi, è proprio questa.
Articolo pubblicato originariamente su Repubblica