L’evento del Misa si ripete dopo otto anni dall’alluvione del 2014. Per quanto simili come effetti sulla popolazione e sul territorio, gli eventi sono molto diversi per le condizioni in cui si sono realizzati.
Piogge prolungate di minor valore cumulato su più giorni (ca 130 mm) e precedute da un eccesso di precipitazione, rispetto ai valori medi dei mesi antecedenti, hanno caratterizzato l’evento del 2014, mentre quello di quest’anno è caratterizzato da piogge estremamente intense (ca 420 mm) di brevissima durata e dopo un periodo siccitoso. Un evento quello di ieri che ricade, come descritto dai meteorologi, in una classe eccezionale controllato da condizioni atmosferiche che ne rendono praticamente impossibile la previsione.
Eventi separati da un intervallo temporale relativamente breve per l’intensità storica, che portano in condizioni estreme il territorio e superano la capacità delle opere di difesa messe in opera. Eventi che per l’eccezionalità delle modalità di accadimento ne rendono difficile o impossibile la gestione in emergenza. Eventi che portano il territorio a livelli di esposizione che non sono sopportabili dalle comunità e dai singoli soggetti.
“Deve essere ricordato– afferma il professor Giovanni Crosta della Società Geologica Italiana e docente presso l’Università di Milano Bicocca – che la comunità scientifica da tempo segnala alle autorità competenti che la fragilità del nostro Pianeta dipende anche dalla sua complessità, costituito da ambienti ed elementi diversi ma fortemente interdipendenti. Eventi, quasi istantanei rispetto alla lenta evoluzione di raggiungimento dell’equilibrio porta forzatamente a risposte ingigantite nel tentativo di ritrovare una condizione di equilibrio. Ciò impatta fortemente su tutto il patrimonio urbano, storico e anche di opere di difesa del suolo costruito nel tempo, spesso senza considerare l’effetto su o la risposta di un intero sistema ma concentrandosi sull’effetto locale”.
Motivare e trovare cause specifiche è il lavoro imprescindibile che le autorità assieme a geologi, ingegneri e tecnici che possono e debbono fare adesso, a posteriori di questi eventi catastrofici, lavoro che può consentire alla comunità scientifica e tecnica e agli amministratori di analizzare i dettagli e le azioni possibili per un recupero di situazioni critiche.
“Individuare e sviluppare approcci sostenibili nella cura e difesa del territorio da eventi estremi e istantanei– afferma il professor Sandro Conticelli, Presidente della Società Geologica Italiana – è fondamentale per fare prevenzione così da creare condizioni di maggiore resilienza per le comunità che vivono nel fragile territorio nazionale, richiamando la necessità di un deciso rafforzamento dei soggetti tecnici e scientifici coinvolti nelle opere di prevenzione, quali geologi e ingegneri del territorio, figure professionali in crisi, oltre a richiamare un‘opera di formazione e coinvolgimento delle comunità sia istituzionale, attraverso la scuola di ogni ordine e grado, e corsi di formazione e informazione specifici per i cittadini.”
Si richiamano le autorità, con la finalità del ripetersi di disastri e sciagure naturali, a favorire l’acquisizione di dati adeguati sia alla scala del Paese sia a quella del singolo territorio esposto, puntando a incrementare la comunità tecnico scientifica sul territorio rinforzando che abbia competenze e conoscenze anche locali, con una politica di spesa mirata ad azioni che rendano sostenibile e sicura la vita negli ambienti più esposti.