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50 anni del Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige – Südtirol-

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Mercoledì 28 settembre, una giornata dedicata alla “Crisi dell’informazione al tempo delle fake news: sviluppo, difficoltà e compiti della professione giornalistica in occasione della ricorrenza per la costituzione dei 50 anni del Sindacato Giornalisti del Trentino Alto Adige artefice della convivenza ( 1972 2022) al NoiTechpark di Bolzano. Un seminario organizzato insieme al Sindacato giornalisti del Veneto e con la facoltà di Economia della Libera Università di Bolzano accreditato per ottenere i crediti formativi (in questo caso deontologici) richiesti per chi svolge la professione giornalistica, mai come oggi, in crisi per la sua stessa sopravvivenza.

Erano presenti Raffaele Lorusso segretario generale della Federazione nazionale della stampa, Carlo Bartoli presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Giancarlo Tartaglia segretario generale della Fondazione Murialdi, Elisabeth Mair presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige, Monica Andolfatto segretaria del Sindacato giornalisti del Veneto, Diana Benedetti presidente dell’Assostampa di Bolzano, Patrick Rina e Lorenzo Basso vicesegretari del Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige-Südtirol, Heinrich Pertner tesoriere e membro del direttivo del sindacato regionale.

Il dibattito si è aperto con l’intervento da parte di Toni Visentini, editorialista del Corriere dell’Alto Adige e già segretario del Sindacato dei giornalisti del Trentino Alto Adige: «Oggi festeggiamo i 50 anni del nostro sindacato che sono anche gli stessi anni della mia carriera che svolgo e dove ho potuto fare incontri ed esperienze umane meravigliose. Il nostro sindacato è un unicum come organizzazione regionale che comprende le due provincie di Trento e Bolzano, frutto di scelte intelligenti e di un continuo dialogo reciproco con tutti gli organismi di categoria, Casagit, Ordine, Inpgi, che portiamo ad esempio con orgoglio. Penso ai rapporti e compiti sindacali, al costo del lavoro ma anche al monopolio editoriale che si è verificato in Trentino Alto Adige, dove sussiste una forte contraddizione imbarazzante che per onestà intellettuale va segnalato.

Il quotidiano Alto Adige storico giornale degli italiani è stato acquistato dal principale quotidiano di lingua tedesca che da sempre è stato il concorrente più forte. Oltre a questo è stato acquisito il Trentino, per poi essere chiuso, oltre all’Adige. In tutto questo non c’è stata nessuna reazione politica, culturale, economica, intellettuale. Questa vicenda ha avuto una posizione dominante anche in campo politico dopo la chiusura del Trentino. Ora plaudiamo alla decisione di un gruppo di imprenditori trentini che ha dato vita al nuovo quotidiano “Il T” che ridà fiato allo spirito del lavoro giornalistico e il nostro sindacato è la cerniera di tutti gli organismi. Il sindacato non può stare in piedi se non ha le persone che lo sostengono».

Giancarlo Tartaglia ha illustrato la genesi del sindacato del Trentino Alto Adige con una sorta di lectio magistralis spiegandone le vicende storiche che si sono susseguite in una terra di confine particolare come è quella dell’Alto Adige: «Artefice della convivenza, la storia del sindacato risale ai primi dell’Ottocento precedente alla prima guerra mondiale. La regione Trentino Alto Adige è sempre stata ricca di giornali, di informazione e ai tempi dell’impero austroungarico era un territorio ad alfabetizzazione, quando, invece, nel resto d’Italia il tasso dell’analfabetizzazione arrivava al 70 per cento. Il giornale Alto Adige era espressione del movimento liberale e a Trento c’era il Popolo diretto da Cesare Battisti che poi diventerà Il Trentino. In città arrivava anche la stampa nazionale con il Piccolo di Trieste, il Gazzettino di Venezia, il Corriere della Sera, in una regione di 200mila abitanti».

Tartaglia ha poi affrontato le cause storiche che hanno determinato scelte nel settore dell’informazione scaturite da decisioni politiche: «L’irredentismo si era affievolito in Trentino quando si costituisce la Triplice Alleanza. A Trento arriva Benito Mussolini con l’incarico di segretario della Camera del Lavoro, un funzionario socialista. Dopo 9 mesi verrà allontanato dal Trentino come persona sgradita. Mussolini scriverà un articolo sulla Voce di Prezzolini spiegando che il popolo trentino non poteva essere rivoluzionario e quando scoppia la prima guerra mondiale riprende forza. Cesare Battisti nel 1914 chiude il Popolo e in seguito per aver scelto di stare da parte dell’Italia verrà processato e impiccato. Alcide Degasperi era il referente del Partito Popolare e direttore del giornale del Trentino, quando fu costretto a pubblicare gli editti dell’impero austroungarico decide di chiudere il giornale. Con l’avvento del fascismo e la repressione verrà attuata nei confronti dei giornali tedeschi. Solo nel 1922 con la tutela della stampa cattolica anche i media tedeschi vengono riabilitati.

Carlo Bartoli presidente dell’Ordine dei Giornalisti

L’evoluzione storica produrrà il processo inverso attuato dal fascismo – ha proseguito Tartaglia – con la deitalizzazione in Alto Adige. Nel 1925 il fascismo aveva conquistato la Federazione nazionale della stampa e solo nel 1943 la Fnsi si riprenderà il suo ruolo che si rifà all’articolo 21 della Costituzione. Vengono ricostituite le associazioni di Trento e Bolzano che si associano al sindacato giornalisti del Veneto. Nel 1952 si svolge il Congresso nazionale del sindacato a Merano. La scelta di tenerlo nella città altoatesina si rifà all’accordo Degasperi – Gruber e si terrà alla presenza del presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Il presidente della Fnsi era Vittorio Emanuele Orlando e viene costituito il parlamentino dei giornalisti. Viene discussa la riforma della legge sulla stampa, del diritto di cronaca, della responsabilità penale del direttore e della creazione dell’istituto di rettifica che doveva evitare il rischio della querela. La nascita del sindacato permette la possibilità di avere dei diritti sindacali, del processo di democratizzazione e la nascita dei comitati di redazione e il potere esercitato nei confronti del potere dei direttori. La Fnsi tornerà in Alto Adige per il 13esimo congresso a Bolzano con Piero Agostini storico segretario del sindacato giornalisti che diventerà presidente della Federazione nazionale della stampa. Agostini parlerà in quell’occasione di libertà di informazione e della difesa da una pesante oscura minaccia per l’assimilazione degli organi di stampa più deboli e diminuzione delle voci».

Rocco Cerone segretario del Sindacato giornalisti Trentino Alto Adige – Südtirol

Diana Benedetti ha sottolineato quanto accaduto in questi anni: «Un periodo molto pesante quello che abbiamo vissuto durante la pandemia per la nostra categoria, e non solo, dove la nostra professione è stata contestata, aggredita verbalmente e fisicamente e questo a causa anche dei social che sono diventati il mezzo dove diffondere la presunta verità delle notizie e non uno strumento dove valutare con attenzione le informazioni che vengono diffuse. Auspico anche che il nuovo quotidiano “Il T” possa avere sostegno nell’ampliare l’informazione e il mio augurio che ottenga successo per la nuova impresa editoriale».

Elisabeth Mair presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige

Elisabeth Mair ha ricordato i giornalisti uccisi per aver svolto il loro lavoro in zone di guerra, come sta accadendo in Ucraina, i 15 colleghi arrestati in Iran e non ultima la vicenda di Julian Assange che rappresenta tutti i giornalisti a cui viene tolta la libertà di informare. Dobbiamo continuare ad avere una voce unica anche per fermare la riforma voluta dalla ministra Marta Cartabia che impedisce ai giornalisti di informare e ai lettori di essere informati». Carlo Bartoli ha ricordato il presente storico: «Veniamo da un’epoca di ostilità nei nostri confronti e ci troviamo a riproporre delle proposte che risalgano a 15 /20 anni fa come quella del Giurì dell’informazione. Ci dobbiamo confrontare con problemi irrisolti, la sopravvivenza della categoria scambiata per casta, dinamiche che determinano le funzioni per lo sviluppo della nostra società. Si perde il valore della democrazia in questo senso.

 

Cito due leggi del 1948 e 1963 con la legge istitutiva della stampa dove è necessario affrontare le modalità di esercizi rispetto alle leggi costitutive del passato». Bartoli ha partecipato alla tavola rotonda “Crisi dell’informazione al tempo delle fake news: sviluppo, difficoltà e compiti della professione giornalistica: le prospettive future” a cui hanno partecipato il presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, Raffaele Lorusso, Monica Andolfatto, Verena Pliger, direttore del settimanale FF Bolzano, Luca Barbieri, giornalista, esperto di innovazione, Laura Silvia Battaglia, direttrice testate giornalistiche Master Giornalismo Università Cattolica Sacro Cuore Milano, Federico Boffa, economista Libera Università Bolzano (con la moderazione di Patrick Rina) nel dibattito “Crisi dell’informazione al tempo delle fake news: sviluppo, difficoltà e compiti della professione giornalistica: le prospettive future”: «Nel 2018 i social avevano aderito ad un protocollo per le buone pratiche nel veicolare informazioni, ma ad oggi di questo impegno non c’è traccia. Al contrario in rete circola l’odio».

Tra gli ospiti presenti ha preso la parola anche Fausto Manzana, presidente di Confindustria, a capo della cordata di editori che hanno fondato il nuovo quotidiano Il T che uscirà in edicola il 3 novembre prossimo: «La nascita del nuovo quotidiano non è dovuta ad un’impresa mirante al profitto ma per un’ideale per l’autonomia. Noi qui dovremmo fare la differenza e sostenere il dialogo con tutte le controparti, in primis con il sindacato. Il giornale darà lavoro a 21 contratti giornalistici e 40 collaborazioni».

Rocco Cerone nel sintetizzare gli interventi ha ribadito come sia importante «il lavoro di squadra nel consiglio direttivo dove sono presenti tutti gli organismi di categoria. Il nodo è quello del lavoro precario e gli editori non hanno voluto abolire i co.co.co, la vera piaga del lavoro giornalistico». Rispondendo alle sollecitazioni del presidente Kompatscher, il segretario del sindacato regionale ha citato quanto è stato deciso dal governo canadese: «Lo stato del Canada ha investito mezzo miliardo di dollari nel settore dell’informazione che viene riconosciuto come bene pubblico. Così dovrebbe fare anche l’Italia dove se finanzi il settore automobilistico anche quello dell’informazione dovrebbe essere sostenuto e finanziato per incentivare una buona informazione. Riconosco anche come l’Agenzia di stampa e comunicazione della Provincia di Bolzano svolge un ottimo lavoro nei confronti della comunità».

Monica Andolfatto ha spiegato la realtà del lavoro giornalistico che conosce bene in Veneto: «Anche nella nostra regione sussiste il problema della ricerca di nuovi giornalisti perché la nostra professione ha perso attrattiva e lo sfruttamento nelle redazioni è tale che vengono impiegati al desk e non come veri giornalisti. Questo non permette di crescere nelle aziende giornalistiche mentre dovresti continuare ad aggiornarti e formarti. La complessità del mondo è tale che non puoi fermarti, perdi il confronto e la possibilità di crescita per verificare le notizie. La sostenibilità economica non è la stessa rispetto ad altri settori economici». La lunga relazione del segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso ha chiuso la prima parte dell’intensa giornata di dibattito molto partecipato, con la presenza di una platea di giornalisti: «Il problema grave è rappresentato dal pluralismo perché non si può più tollerare che in questa regione (Trentino Alto Adige, ndr) ci sia chi si comporta da padrone dell’informazione. Un editore della Regione che attua iniziative invasive per impedire la nascita di nuove voci e impedire la libera informazione, dopo la chiusura del Trentino, fatta con modalità che ha poco uguali in tutta Italia. Non ci si può comportare in questo modo. Il tema delle concentrazioni va affrontato.

Un problema che non ha impedito al sindacato di continuare le sue battaglie. Il Trentino Alto Adige era una delle poche regioni che non faceva vertenze e in questa vicenda ci si aspettava maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Ci volevano dei tavoli di confronto per tutelare l’occupazione, un settore vitale per la democrazia. Il problema dell’informazione non viene affrontata e non vengono attuati nessun tipo di intervento strutturale. Servirebbe uno spirito simile a quello del passaggio dal piombo alla fusione a freddo che accompagnò la trasformazione. Gli editori sono la nostra controparte, mentre si sono sono dedicati solo all’immediato senza porsi il problema di carattere strutturale, di sistema, il quale è entrato in crisi. Noi non abbiamo governi amici o nemici – ha proseguito Lorusso – ma governi che vogliano parlare dei fatti che ci interessano e che a tutt’oggi non sono stati o sono risultati insufficienti, trattati. Non si può più accettare il precariato che segna l’esistenza di tutte le generazioni a venire. I diritti civili si usano per non parlare delle conquiste che stiamo perdendo. Ci hanno raccontato che in questo paese bisognava essere più flessibili. Le retribuzioni sono basse e bisogna aggiornare l’accesso alla professione ma attenzione a non creare nuovi disoccupati.

Ci sono 110mila iscritti all’Ordine che esercita la professione ma meno della metà esercita. Gli elenchi dei pubblicisti che coincidono praticamente con gli elenchi anagrafici. Aumentano gli iscritti in assenza di richiesta del mercato e si perde il valore della professione giornalistica. Inviare i colleghi all’esame per diventare professionisti con retribuzioni di poche centinaia di euro significa fare il gioco degli editori, Così facendo certifichiamo che sono legittimati a lavorare con pochi euro, Non si può offrire lavoro gratis». Il segretario Lorusso ha concluso ricordando che non «c’è solo il diritto di cronaca ma che è stato introdotto il divieto della libertà di espressione che colpisce i magistrati.

C’è la volontà di tenere la stampa in un angolo. Mi riferisco alle liti temerarie, alle querele bavaglio. Il problema della tutela dell’informazione come precondizione della tutela dell’informazione, ma anche la nostra categoria ha delle responsabilità . L’informazione si è allontanata dai problemi reali della gente. Dobbiamo riflettere su un’informazione che si rivolge ai palazzi del potere politico e non va in mezzo alla gente. Dobbiamo farci un’esame di coscienza». Al dibattito “Crisi dell’informazione al tempo delle fake news: sviluppo, difficoltà e compiti della professione giornalistica: le prospettive future” , il presidente Arno Kompatscher ha spiegato che «non c’è più credibilità dell’informazione con l’avvento dei social. Le fake news sono veloci, si vendono meglio e il rischio è quello che vengano rincorse anche da parte di chi vuole fare una buona informazione. Il rischio è che a correrci dietro sia anche la politica.

Non c’è nessuna sanzione per chi le diffonde. Chi ha voluto la Brexit ha causato una situazione in cui sono state dette molte informazioni false e non ci sono state conseguenze». Alla domanda di Patrick Rina che moderava il dibattito di come si sente in veste di lettore, il presidente Kompatscher ha spiegato di essere di parte «perché non posso avere un giudizio oggettivo. Vedo circolare notizie su internet e una frenesia informativa. Sussiste il problema dei media tradizionali che rincorrono i social».

Nel corso dell’assemblea sono state consegnate delle targhe di onorifecenza alla segretaria del Sindacato Giornalisti del Trentino Alto Adige Carmen Amadori e al tesoriere Heinrich Pertner per la dedizione al lavoro svolto nell’arco dei 50 ani di vita del Sindacato


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