Facile prendersela con dei ragazzi e delle ragazze poco più che ventenni, catapultati all’improvviso sulla ribalta politica nazionale e, di conseguenza, leggermente in difficoltà nel gestire i mille problemi che un simile salto alla loro età comporta. Facile anche andare a spulciare sui loro social, alla ricerca di vecchie riflessioni che magari, col tempo e con l’esperienza maturata in seguito, avrebbero espresso in maniera diversa. Il martirio mediatico cui sono stati sottoposti i giovani candidati capilista scelti da Enrico Letta, nel tentativo di restituire slancio e vitalità a liste oggettivamente fragili e ben poco attraenti per l’elettorato di sinistra, si configura come una delle operazioni peggiori che si siano mai viste. A parte i pulpiti da cui provengono le prediche, ossia giornali sulle cui pagine, nel corso degli anni, abbiamo letto titoli e articoli per i quali, come colleghi, ci siamo talvolta profondamente vergognati, vien voglia di riflettere sul fatto che ormai la politica sia crollata a un livello tanto infimo. Senza contare alcuni noti campioni contemporanei, iperattivi sui social, che trascorrono le giornate a cercare di mettere in cattiva luce il prossimo: soggetti che, in alcuni casi, non hanno alcun pubblico nel mondo reale ma ai quali non manca di certo l’autostima, al punto di considerarsi i depositari della verità e della scienza e di impalcarsi a maestri di vita. Nel momento in cui questa serie di figure, che si agita con discreto successo nelle redazioni e in un certo mondo d’establishment ma avrebbe consistenti difficoltà a guadagnarsi anche solo un voto, può determinare addirittura la permanenza o meno in lista di un candidato, ciò significa che il partito che ha candidato la persona “incriminata” è in balia degli eventi. Quando non si ha il coraggio di difendere le proprie scelte, quando le proprie idee vengono messe in discussione senza incontrare alcun contrasto, quando si rinuncia a reagire e si sceglie una via del silenzio che è dannosa, remissiva e assolutamente controproducente, si riesce nell’impresa di darla vinta a soggetti che mai riuscirebbero a prevalere in un confronto dialettico degno di questo nome, con la conseguenza di disorientare l’elettorato e di condannarsi non alla sconfitta ma alla catastrofe.
Quando un partito, che già ha mille difficoltà, che ha sbagliato la maggior parte delle scelte, a cominciare dalle alleanze, e che ora si ritrova persino a gestire la grana della Sicilia, ha avuto il merito, non piccolo, di valorizzare alcune personalità di spessore, messe sotto accusa proprio perché potrebbero permettergli di risalire un po’ nei sondaggi, e non riesce a difenderne la freschezza e l’entusiasmo, spiace dirlo, ma quel partito dimostra di non meritarsi la passione di una gioventù che, invece, gli ha dedicato anni di vita, impegno e sacrifici. Poi ci sarebbe da dire qualcosa sulla nostra categoria. Perché se davvero volessimo andare a vedere tutte le puttanate che ciascuno di noi ha scritto non a vent’anni ma anche in età ben più adulte e mature, ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli. E allora sarebbe opportuno che alcuni direttori tornassero a immergersi nella vita vera e placassero gli ardori di qualche penna un po’ troppo corrosiva, o che si crede tale, non attraverso la censura, ci mancherebbe altro, ma invitandola a un esame di coscienza, a una riflessione su se stessa e a un’analisi dettagliata del proprio operato. Il tutto anche per ragioni di mero cinismo: l’operazione, alla fine, nuoce a queste ragazze e a questi ragazzi ma, più che mai, alle vendite di determinati organi d’informazione e alla credibilità degli autori dell’attacco in questione, specie se hanno la sfortuna di incappare in personalità dotate di una discreta memoria o in semplici conoscitori della vicenda biblica del Cristo e della Maddalena. Posate le pietre, datemi retta, che se uno mettesse in fila non i vostri tweet di quando eravate al primo anno di università (Twitter, all’epoca ancora non esisteva) ma i vostri editoriali di quando eravate già nomi di spicco di questa nostra triste categoria ci sarebbe tanto, ma tanto, da divertirsi.
P.S. Sostenere che lo Stato israeliano debba consentire alla Palestina di esistere non è anti-semitismo ma amore per la pace e per la verità storica. Ricordare l’Ottobre sovietico non è un crimine, a meno che non la si pensi come un certo padronato degli anni Venti del Novecento che, pur di soffocare ogni refolo di socialismo, finì con l’appoggiare Mussolini. Non è certo il vostro caso, vero?La politica filo-araba è sempre stata un fiore all’occhiello del nostro Paese: da Craxi ad Andreotti, passando per Moro e Berlinguer. Comunismo e fascismo, infine, non sono equiparabili. I comunisti, infatti, hanno contribuito in maniera decisiva a redigere la nostra Costituzione. Essere fascisti, invece, non è un’opinione ma un reato, in base alle leggi varate da Scelba e Mancino. E dover constatare che persino il ministro degli Interni che definiva “culturame” gli intellettuali vicini al PCI fosse più lungimirante di taluni eroi contemporanei desta, sinceramente, sconforto.