Per ben due volte in questa legislatura Giorgia Meloni ha rivelato la propria idiosincrasia ( o il difetto di comprensione) per il nostro sistema parlamentare , nel suo profilo più penetrante , le prerogative del capo dello Stato . Tra queste , quelle relative al procedimento di formazione del governo : nel quale il garante della nostra Costituzione consulta i gruppi parlamentari ( leggi partiti , oggi , per l’assenza di autonomia dei primi ) al fine di verificare la possibile esistenza di una maggioranza capace di ottenere la fiducia di entrambe le camere . Gli elettori, terzo soggetto accanto al capo dello Stato e alle Camere , forniscono ad entrambi i soggetti
il materiale grezzo degli esiti del voto : tanto più grezzo quanto e’ difficile interpretarne le potenzialità, per arrivare al vero fine delle elezioni , un nuovo governo . Dal 1994 la coalizione di Centrodestra tenta di minare il ruolo di garanzia del capo dello Stato , con il risultato non esaltante di averne fatto il perno di tutti i passaggi decisivi della nostra vita istituzionale : dalla promulgazione delle leggi , un tempo atto di ordinaria burocraticita’ , poi effettivo primo giudizio di costituzionalità di leggi anomale , addirittura ad personam , varate per contrapporre interessi particolari a quello generale . Fino alla sostituzione del ruolo cardine del capo dello Stato con quello del capo del governo , e allo spostamento del baricentro istituzionale dagli istituti di garanzia e terzietà’ a quello più politico dell’esecutivo .
il materiale grezzo degli esiti del voto : tanto più grezzo quanto e’ difficile interpretarne le potenzialità, per arrivare al vero fine delle elezioni , un nuovo governo . Dal 1994 la coalizione di Centrodestra tenta di minare il ruolo di garanzia del capo dello Stato , con il risultato non esaltante di averne fatto il perno di tutti i passaggi decisivi della nostra vita istituzionale : dalla promulgazione delle leggi , un tempo atto di ordinaria burocraticita’ , poi effettivo primo giudizio di costituzionalità di leggi anomale , addirittura ad personam , varate per contrapporre interessi particolari a quello generale . Fino alla sostituzione del ruolo cardine del capo dello Stato con quello del capo del governo , e allo spostamento del baricentro istituzionale dagli istituti di garanzia e terzietà’ a quello più politico dell’esecutivo .
Per due volte, in questa legislatura , l’opposizione sistematica del partito di Giorgia Meloni ha contestato la conformità costituzionale delle mosse del capo dello Stato sul presupposto approssimativo e grossolano di una sopraffazione della volontà popolare nella formazione dei governi .
La prima , spinta fino alla minaccia di messa in stato d’accusa per altro tradimento e attentato alla Costituzione da parte di Sergio Mattarella , per aver egli nominato un ministro in luogo di quello proposto dal presidente incaricato.Una prerogativa costituzionale . Non da sola , per la verità , ma rimanendo sola a non avere mai rinnegato o motivato quella accusa per la quale l’ordinamento prevede pene definitive e sanzioni morali infamanti oltre ogni dire .
La seconda , un anno dopo , per la nascita del governo giallorosso, governo fotocopia istituzionale del precedente, salvo che nella combinazione cromatica: quando trascino’ il compare occasionale di opposizione Matteo Salvini , istituzionalmente poco esperto, a occupare gli spazi attigui a Montecitorio per una nuova accusa di incostituzionalita’ solo all’apparenza contro ignoti . Il colpevole , sottaciuto non senza ipocrisia, sempre lo stesso, avrebbe questa volta meritato il procedimento costituzionale nel caso in cui avesse ostacolato la nascita di quel governo .