Piero Angela era la RAI come dovrebbe sempre essere: servizio pubblico, cultura, attenzione al prossimo, un ingresso in punta di piedi nelle case degli italiani e una gentilezza di modi che costituiva la sua cifra esistenziale e giornalistica. Era la cultura, era la scienza, era la competenza mai esibita né stucchevole ma, soprattutto, il suo è stato un viaggio interminabile. Novantatré anni, sempre al centro delle vicende del mondo, ha visitato una miriade di paesi e attraversato da protagonista quasi un secolo.
Tifoso juventino nella Torino fascista, da bambino giocava a calcio e ne parlava sempre con piacere, anche in televisione, a dimostrazione di una natura poliedrica e di un carattere aperto a ogni aspetto della società. Appassionato di musica, era un valente pianista, innamorato del jazz e capace di scegliere, per la sua trasmissione più significativa, una colonna sonora meravigliosa. Superquark ci ha accompagnato per decenni, è stata una bussola e un punto di riferimento. Personalmente, ho avuto l’onore di essere intervistato per un servizio dedicato all’ipermemoria, curato nel 2016 dalla bravissima Barbara Bernardini, e ricordo con affetto la professionalità di una collega di rara qualità, accompagnata da un operatore che rese ogni momento della giornata assai gradevole. Ebbi modo, in quell’occasione, di constatare la cura che la redazione di Quark metteva e metterà sempre nella realizzazione di ogni puntata.
Del resto, parliamo di un uomo innamorato della vita, di una curiosità rara, attento ai giovani come nessun altro. Ho avuto modo di incontrarlo più volte: alla Fiera del libro di Torino nel maggio del 2006, a Roma, pochi mesi dopo, alla presentazione di un libro di Giancarlo Governi, dedicato a Egri Erbstein, il leggendario allenatore del Grande Torino, morto a Superga insieme al resto della squadra, e in anni più recenti a Cesenatico, durante un evento organizzato dalla Scuola di Politiche. Sapeva spaziare dall’amore al pallone, dalle nuove tecnologie alle frontiere inesplorate della scienza, dalla storia, avvalendosi del bravissimo professor Barbero, alla confutazione delle bufale, ahinoi all’ordine del giorno, specie in ambito scientifico, portando nelle nostre case servizi naturalistici della BBC che ci lasciano ogni volta a bocca aperta. Non solo: oltre a Superquark, ha realizzato molti altri programmi indispensabili per comprendere il passato, il presente e il futuro.
Piero Angela è stato corrispondente a Parigi in anni tutt’altro che semplici, uno dei primi lettori del telegiornale e un divulgatore senza eguali, di cui il figlio Alberto ha raccolto al meglio il testimone.
Parlare con lui, dava l’impressione di star compiendo a propria volta un viaggio, di starsi immergendo in un’avventura destinata a restare, comprendendo il senso del nostro stare insieme e imparando a lavorare con gli altri senza mai avere manie di protagonismo.
Era un fuoriclasse ma non una primadonna, un personaggio in grado di farsi amare da più generazioni e di entrare nel cuore dei giovani e persino dei giovanissimi, anche perché non aveva paura di cimentarsi con il digitale e le piattaforme che sono sorte negli ultimi anni. In sette decenni di RAI, è passato dalla radio a internet, sperimentando molteplici linguaggi senza mai farsi trovare impreparato. Ha saputo mescolare le epoche e le parole, adattandosi alla perfezione a ogni periodo, anche se certamente non apprezzava la maleducazione imperante in questo tempo senza modelli né esempi da seguire. Lui lo era e lo sapeva. Con Piero Angela perdiamo, dunque, un amico, uno di casa, un simbolo di tutto ciò che vorremmo e dovremmo essere e purtroppo, spesso, non siamo. Ci mancheranno i suoi programmi d’estate, i suoi commenti ironici e mai sopra le righe. Ci lascia in buone mani, se pensiamo alla bravura ormai raggiunta da Alberto, ma il vuoto resta incolmabile. Abbiamo perso, infatti, un’idea di giornalismo e di società, con i suoi ideali, i suoi valori e la sua bellezza interiore. Tutto questo, purtroppo, nessuno potrà restituircelo.