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Ma cosa chiede l’Europa? E a chi?

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Alle volte una spruzzata di sarcasmo è l’arma più efficace per denunciare lo stato delle cose. Abitiamo un tempo contrassegnato da paradossi che vanno esplicitati, portati alla luce, analizzati. Prendete quel “Ce lo chiede l’Europa” che tanta parte ha avuto nella storia recente del nostro paese e non solo. Una parola d’ordine che ha funzionato “meravigliosamente” per imporre austerità e misure di contenimento della spesa sociale. Per una ragione piuttosto semplice: perché in campo economico, in parallelo con gli organismi comunitari, hanno operato la grande finanza, agenzie di rating, banche d’affari e simili. Non a caso lo slogan alternativo, quando si vogliono imporre tagli o cose del genere, è “Ce lo chiedono i mercati”.

Ma quando i “mercati” tacciono cosa accade? Sta qui la contraddizione lucidamente colta nel suo editoriale da Giulietti che ha ricordato opportunamente che l’Europa domanda pure altre cose agli stati membri ad esempio in materia di diritti sociali e civili. Come mai queste richieste non vengono recepite, perché tutto si ferma? Forse perché gli interessi in campo (anche quelle di chi controlla la comunicazione) vanno in direzione contraria?

Ma veniamo al nostro tema, la libertà di informazione. Provate a digitare sul vostro motore di ricerca “Terzo rapporto sullo Stato di diritto della Commissione Europea” e darete una risposta a due successive domande, cosa ha chiesto appena un mese fa la UE agli stati aderenti e a chi ha posto le richieste più stringenti. Per esigenze di sintesi riassumo: otto raccomandazioni sono state rivolte all’Ungheria e sette alla Polonia. Riguardano in concreto l’indipendenza del sistema giudiziario, la lotta alla corruzione e la libertà dei media pesantemente minacciata. Per inciso sull’Italia, oltre alle cose già richiamate da Giulietti, c’è persino un riferimento alla necessità di regolare il conflitto di interessi. Per chi fosse incredulo davanti a tanto ardire allego link al documento https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/4_1_194542_comm_recomm_en.pdf.

Ma restiamo a Ungheria e Polonia. Sono i paesi governati da Orban e  Morawiecki, due leader che appena un anno fa hanno firmato il manifesto dei partiti sovranisti d’Europa. E chi ha sottoscritto in loro compagnia il documento? Ovviamente Lega e Fratelli di Italia, due partiti che si sentono già vincitori delle prossime elezioni politiche e che hanno nel loro programma lo stravolgimento della Costituzione e il cambiamento della Repubblica in senso Presidenziale.

Riavvolgendo il nastro il quadro è chiaro. Già non siamo messi benissimo ma potremmo stare peggio fra qualche mese se si applicheranno pure da noi le ricette polacche e ungheresi che tanto piacciono a Salvini e Meloni.

Cosa possiamo fare? Le risposte che verranno dalle forze politiche le vedremo. L’attenzione dei partiti su temi come i “conflitti di interesse” e l’indipendenza dei media non è certo cresciuta in questi anni. Ma la sfera del sociale esiste ed è viva. Tutte le forme di mobilitazione e di confronto/dibattito ( sempre nel merito e senza alcuna retorica) non possono che essere accolte positivamente.

C’è un punto però che mi preme. L’informazione non è uno strumento astratto, è sempre rivolta a qualcosa di concreto, a un contesto. Viviamo un’emergenza climatica senza precedenti, abbiamo una guerra in Europa, una crisi alimentare che incombe sul pianeta e una società segnata da forme crescente di ingiustizia destinate purtroppo a crescere nel prossimo futuro sul piano economico e quello energetico. Insomma si discuta di libertà di informazione coinvolgendo anche tutto un mondo di associazioni che si occupano di diritti ambientali, sociali, civili. Cosa che Articolo 21 ha sempre cercato di fare ma che oggi è più necessaria che mai.


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