La libertà d’informazione non è uno slogan: è un impegno. E chi si candida dovrebbe prenderlo

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Più che Meloni a fare paura sono le tante Meloni che incontriamo nella nostra vita quotidiana. Che non necessariamente stanno solo in quel partito. Non è quindi un problema personale, è un dissesto politico iniziato anni orsono, che si alimenta con le vecchie pratiche reazionarie, ora modernizzate.

Gianmarco Ottaviano nel suo libro “Geografia economica dell’Europa sovranista” (Laterza 2019) analizza i dati che spiegano la vittoria del “leave” al referendum sulla Brexit, notando che l’uscita dall’Europa ha avuto consensi altissimi tra il proletariato bianco, che abita in zone dove la globalizzazione liberista ha distrutto le vecchie imprese manifatturiere, con salari bassi e tagli al welfare. Un elettorato che di fronte al peggioramento delle proprie condizioni di vita sente la necessità di scaricare le colpe sull’immigrazione (nemico interno) o sull’Europa (nemico esterno). Vi ricorda qualcosa? Sì, ricorda Umberto Eco quando provava a spiegare le caratteristiche che rendono “eterno” il fascismo: tradizione contro modernità, diffidenza per il diverso e punizioni per i dissidenti, lisciare il pelo al ceto medio e favorire i ricchi, spiegare ogni avversità con teorie complottiste.

Cosa c’entra tutto questo con la manifestazione per la libertà di stampa proposta dal presidente della Fnsi Giulietti? Tanto, tantissimo. Solo se la libertà di stampa è garantita – non da parole ma da leggi – si può provare a smontare questa macchina infernale. E questo non significa fare la ruota di scorta di nessun partito, ma di agire per il buon funzionamento della democrazia. Senza tacere le pesanti responsabilità che i media hanno avuto e continuano ad avere nell’alimentare ansie, individuare i nemici, minimizzare l’odio, confondere i dati.

A scorrere il provvisorio elenco dei candidati di tutti gli schieramenti non sembra esserci un numero adeguato di persone competenti e interessate al tema, che non è – ripeto – solo teorico: la libertà di informazione è garantita se la precarietà viene contrastata e i giornalisti salvaguardati dalle minacce; la libertà di informazione si garantisce combattendo gli oligopoli e favorendo le voci le testate indipendenti; la libertà di informazione si rafforza garantendo un accesso libero e consapevole ai social.

I più “stagionati” ricorderanno che ci trovammo in una situazione analoga con i governi Berlusconi, fin dal 1994. Allora lavoravo a Radio Popolare, diretta da Piero Scaramucci. Animate discussioni in redazione sulla necessità di uno scudo antifascista contro l’ipotesi di ministri del partito erede del MSI. Come spesso accadeva Piero seguiva la discussione morsicando una penna biro per poi arrivare ad una sintesi redazionale: “ma voi pensate davvero che le posizioni di Alleanza Nazionale siano intrinsecamente meno fasciste di quelle dei suoi alleati di governo?” I fatti gli hanno dato ragione. Non ho nessun titolo per dire cosa penserebbe oggi Piero Scaramucci di una manifestazione per ricordare a tutti i partiti l’importanza dell’articolo 21 della Costituzione. Immagino che avrebbe telefonato a Beppe Giulietti dicendogli più o meno così: “hai fatto bene a porre il problema, sono anch’io preoccupato”.


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