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Il sindacato dei giornalisti russi indipendenti è “in liquidazione”. L’accusa: discredito delle forze armate

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Il tribunale di Mosca, dopo l’udienza di ieri, 3 agosto, contro il sindacato indipendente dei giornalisti JMWU , ha comminato all’organizzazione una multa di 500mila rubli, pari a circa 8mila euro, per aver gettato discredito sulle forze armate. Ma il processo non finisce qui: il 14 settembre si terrà un’altra udienza, in cui potrebbe essere decisa la definitiva liquidazione del sindacato, la cui attività è già stata sospesa, mette alcuni dirigenti hanno dovuto riparare all’estero. Si tratterebbe di un atto senza precedenti pure in Russia, secondo quanto riferiscono i vertici del sindacato. Infatti finora sono stati di fatto chiuse solo piccole organizzazioni di liberi professionisti ma mai un vero sindacato con tanto di lavoratori dipendenti iscritti.
La Federazione europea dei giornalisti (Efj) ha subito condannato l’illegittimità del procedimento, il cui unico scopo è cancellare l’organizzazione sindacale. JMWU è stata accusata di “diffondere idee collegate a un atteggiamento negativo nei confronti dell’operazione miliare intrapresa dalla Federazione Russa in Ucraina”. Nello specifico, il pubblico ministero accusa il sindacato di avere rilasciato un comunicato dal titolo “Fermate la guerra in Ucraina” il 26 febbraio scorso e di avere co-firmato la Dichiarazione di Perugia per la protezione di tutti i giornalisti coinvolti nella guerra, testo sottoscritto peraltro anche dalla EFJ e da molti altri sindacati europei dei giornalisti.
In pratica, come ha sottolineato l’avvocato di JMWU, Maxim Krupsky, il sindacato è stato sanzionato per aver esercitato il suo diritto alla libera espressione in base all’articolo 29 della Costituzione russa, che garantisce la libertà di pensiero e di espressione e vieta la censura. Secondo Krupsky, la corte ha annullato questa disposizione costituzionale e non ha nemmeno specificato quale legge russa vieti la diffusione di un parere negativo sulle forze armate e sulla cosiddetta operazione militare speciale, né indica dove , nella legislazione vigente, sia indicato l’obbligo per i cittadini e le  organizzazioni di avere un giudizio esclusivamente positivo sulle forze armate russe e sull’operazione in Ucraina”
È evidente però che questi argomenti avranno una presa relativa sul tribunale di Mosca e sulla pubblica accusa, determinata ad andare fino in fondo.
Per Andrej Jvirblis, segretario di JMWU attualmente all’estero, “La decisione di infliggerci questa multa non è  altro che un tentativo di dare un’apparenza di legalità e legittimità al processo di liquidazione del nostro sindacato. È la logica tipica dei Paesi totalitari: li abbiamo condannati, quindi sono colpevoli e rappresentano un pericolo per la società e per lo Stato, il che giustifica il loro scioglimento forzato”.
Una condanna fortissima viene anche da Maja Sever, presidente della EFJ, che ha denunciato tutta l’operazione e la repressione dei giornalisti da parte del regime e ha garantito al JMWU il supporto totale della Federazione europea dei giornalisti.
EFJ e JMWU hanno anche lanciato un appello alle autorità dei Paesi europei affinché non stigmatizzino indiscriminatamente i giornalisti russi all’estero. Oltre 200 giornalisti e 23 testate giornalistiche hanno lasciato il Paese per trasferirsi in Lettonia. E molti di loro stanno cercando di continuare il loro lavoro per informare i russi su quello che accade in Ucraina, cosa impossibile da fare stando in Russia. Tanto da indurre i servizi segreti della Lettonia a mettere in guardia le autorità sui rischi che questo può comportare a loro dire, per il piccolo stato baltico.
Per questo il segretario generale della Efj ha messo in evidenza l’importanza del lavoro dei giornalisti russi in esilio e ha invitato non solo la Lettonia ma tutti i paesi europei a proteggere i giornalisti russi indipendenti che hanno lasciato il paese. Oltre che in Lettonia, si hanno notizie di reporter fuggiti soprattutto in Lituania e in Cecoslovacchia e alcuni pure in Lettonia e in Francia e in altri paesi Europei.

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