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Franco Basaglia, il direttore dei matti

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— Ma, direttore, loro non sono persone normali… sono malati.

— No, sono esseri umani.

— E dobbiamo trattarli come tali.

— Il malato non è solo un malato, ma un uomo con tutte le sue necessità.

Il direttore è Franco Basaglia ed è tutta qui — in quattro fumetti pubblicati a pagina 20 della graphic novel di Andrea Laprovitera e Armando ‘Miron’ Polacco “Basaglia. Il dottore dei matti” (Becco Giallo, 2021) — l’essenza del pensiero dello psichiatra veneziano morto prematuramente il 29 agosto di quarantadue anni fa, promotore di quella che per Norberto Bobbio e non solo per lui fu l’unica vera riforma mai realizzata in Italia, una vera e propria rivoluzione culturale troppo spesso ricordata “solo” per la chiusura dei manicomi sancita dalla Legge 180, mentre — come afferma Franco Rotelli, protagonista con Basaglia e molti altri e altre della riforma psichiatrica in Italia, in un’intervista curata da Francesca Giglioni e pubblicata in calce al romanzo grafico — la lezione basagliana rappresenta una critica radicale alla psichiatria, una denuncia della sua prepotenza: per Rotelli, se vogliamo parlare davvero della salute mentale, abbiamo bisogno dell’alleanza di un sacco di gente. Del resto «terapia è non solo parola e farmaco, ma è anche azione, è fare, cioè farsi carico dei bisogni radicali delle persone: il bisogno di avere una casa, un lavoro, uno stipendio, degli affetti, delle relazioni»: lo affermava Basaglia e lo ricorda Piero Cipriano, anche lui psichiatra in servizio a Roma, anche lui intervistato da Francesca Giglioni. Per lui la grande intuizione del dottore dei matti è consistita nel «togliere di colpo la centralità al manicomio per riconsegnarla alla persona, che per essere curata non dev’essere più deportata nei luoghi a parte, ma restituita al consesso sociale».

Eppure questi “luoghi a parte” non sono spariti: hanno assunto altri nomi, hanno preso altre forme, sono abitati da altre persone (oltre ai matti ci sono i vecchi, i migranti, i detenuti), ma ci sono ancora e hanno muri sempre più alti, più difficili da valicare.

Del resto non potrebbe essere diversamente in un contesto sempre più segnato da disuguaglianze sociali, dove si vuole smantellare il servizio pubblico, dove le fragilità sono considerate devianze, dove la cura e il riconoscimento non sono diritti ma privilegi, dove i più deboli diventano immediatamente invisibili e spariscono dall’agenda della politica e dell’informazione. Qualcuno ha forse sentito parlare di salute mentale in quest’assurda campagna elettorale? Ce lo ricorda lo psichiatra Peppe Dell’Acqua, collaboratore e successore di Basaglia a Trieste, che nell’anniversario della morte del suo maestro, sul quotidiano “Domani” riporta l’appello del Forum di Salute Mentale che dice: «Bisognerà andare per strada a gridare la nostra presenza contro tanta sordità, gridare il dolore dei fatti che ogni giorno accadono.» Perché le vite delle persone con disturbo mentale non si fermano come i disegni di legge depositati in Parlamento — a firma Nerina Dirindin e Riccardo Magi — a cui non si è ritenuto di dare priorità


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