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FORUM. Non si discute neppure più di una legge, essenziale, sul conflitto di interessi

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La libertà di informazione in Italia vive anni difficili. Le classifiche internazionali mettono il nostro Paese al cinquantottesimo posto, fra gli ultimi in Europa, per quanto riguarda la libertà di stampa, elemento fondante e fondamentale di una moderna democrazia. Una libertà talmente importante che la nostra Costituzione destina un intero articolo, il ventunesimo, ad affermare il diritto dei cittadini a essere informati per poter essere consapevoli delle loro scelte.
Stanno peggio di noi soltanto Paesi come la Russia di Putin e l’Ungheria di Orban, ma questa non è una consolazione.
Negli ultimi anni, poi, il dibattito politico sembra essersi fermato, con il solo presidente Mattarella impegnato costantemente a richiamare l’articolo 21 e un silenzio assordante, soprattutto di una certa politica, troppo spesso interessata a usare i giornalisti come strumento di propaganda e non come cronisti impegnati a raccontare la verità sostanziale dei fatti.
La crisi dell’editoria è ormai drammatica, con i giornali cartacei che superano a malapena un milione di copie vendute, e con il web che si muove quasi esclusivamente secondo le logiche della pubblicità dominata dai grandi motori di ricerca e dai grandi social network. Purtroppo ormai non sono più le notizie a dettare l’agenda editoriale, ma gli introiti pubblicitari.
Cresce dunque la concentrazione della pubblicità, insieme a quella delle testate, mentre non si discute neppure più di una legge, essenziale, sul conflitto di interessi. Silvio Berlusconi, proprietario di reti televisive, quotidiani e case editrici, può ancor una volta candidarsi a guidare il Paese, fatto unico in Occidente per un tycoon del suo livello. E intanto cresce nei giornali e nelle tv l’invadente presenza di editori che hanno interessi immobiliari, finanziari, nella sanità.
I giornalisti devono affidarsi spesso al coraggio personale a causa dei ritardi del Parlamento e dei governi, incapaci, fino a ora, di varare norme contro le querele temerarie, i bavagli imposti alla stampa, la tutela delle fonti, la presunzione d’innocenza. Mentre ben trenta cronisti vivono sotto scorta, minacciati dalla criminalità organizzata, l’Unione europea insiste perché l’Italia si adegui, eliminando anche il carcere per i cronisti. Se dalle urne non verrà fuori un sussulto democratico, c’è il rischio che vadano a governare persone come Matteo Salvini e Giorgia Meloni, amici di Orban, di Steve Bannon, di Bolsonaro. È indispensabile che le forze progressiste, di sinistra e ambientaliste rimettano al centro del dibattito politico il tema della libertà di informazione, impegnandosi anche per un’incisiva riforma dell’editoria che, come quella del 1981, consenta il rilancio della stampa e degli altri mezzi di comunicazione di massa in un Paese nel quale il diritto dei cittadini a essere informati rischia di diventare una chimera.

*Francesca Ghirra capolista a Cagliari per la Camera nell’alleanza Verdi-Sinistra

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