Un rischio concreto, immanente e carico di potenziali effetti collaterali è la revisione in senso presidenziale della Costituzione italiana. Laddove vincessero nell’imminente voto politico le destre, il vecchissimo leitmotiv reazionario tornerebbe subito al centro della scena.
Non ci si illuda pensando alla Francia o, persino, agli Stati Uniti. Lì esistono contrappesi e tradizioni in Italia ignoti. Anche se Trump ci ammonisce sulle rovine di una pur nobile storia. A parte il tratto servile di una parte del popolo italiano, messo in luce da Dante Alighieri oltre che da autori un po’ meno blasonati, c’è da osservare il quadro inquietante di un paese sceso al 58° posto nella classifica stilata da Word Press Freedom Index (era negli ultimi due anni quarantunesima). E non a caso.
Manca una seria disciplina del conflitto di interessi, la Rai è retta dalla leggina votata alla fine del 2015 nell’età del governo presieduto da Matteo Renzi che diede al governo poteri e controlli, le querele temerarie imperversano senza uno stop legislativo, l’editoria è in picchiata senza strategia, il precariato dilaga ed esiste ancora l’istituto medievale dei co.co.co.
L’elenco dei dolori potrebbe proseguire, tanto è miserrimo il bilancio di queste ultime annate, malgrado l’urlo costante e motivato della Federazione della stampa e dell’associazione Articolo21. Tuttavia, come è stato sottolineato dai contributi sulla materia, a cominciare dall’editoriale di Giuseppe Giulietti, tutto ciò non è un accidente di un crudele e spudorato destino. In verità, l’assenza strabocca di cattive presenze: incubi, fantasmi, diavoli.
Stiamo attenti nella valutazione di ciò che accade.
Non siamo di fronte ad una sequenza di mere dimenticanze o sottovalutazioni. Viene il dubbio che, sotto traccia, si sia delineata una vera e propria scelta di fondo.
Se si connettono la situazione riprovevole dell’istruzione pubblica, la scarsità dei libri letti e la persistente arretratezza nelle culture digitali con la riduzione del peso delle assemblee elettive e l’accentramento delle decisioni nel governo, ci si schiude un orizzonte di nubi e di tenebre. I contrappesi sono considerati fastidiosi, ecco il tema. Ecco il pericolo presidenzialista. La magistratura è da tempo attaccata, anche per suoi evidenti difetti interni. L’informazione libera e indipendente è diventata un problema agli occhi di tecnocrazie e populismi che non sopportano la critica. Algoritmi e intelligenza artificiale, senza una scienza democratica che li indirizzi, sono – poi- un pericolo micidiale.
Insomma, brividi: caldi e freddi.
Meglio per i poteri l’occupazione dei palinsesti con i talk, reincarnazione mediale della commedia dell’arte: personaggi prestabiliti, zuffe artefatte a favore dell’indice di ascolto, scarsa o nulla argomentazione.
Potremmo riflettere su come si sia rovesciato l’ordine degli addendi: la politica si è fatta (spesso cattiva) comunicazione e la comunicazione è una costola della politica, piuttosto che il vitatissimo cane da guardia di quest’ultima.
Le eccezioni non mancano, ma a quale prezzo. Croniste e cronisti uccisi, malmenati, sotto minaccia e quindi sotto scorta, censure e bavagli imperanti.
Certamente, il caso di scuola – terrificante- è quello del giornalista fondatore di WikiLeaks Julian Assange, che rischia 175 anni di carcere per avere svelato i misfatti segreti delle guerre in Iraq e in Afghanistan. Articolo21 e l’Ordine nazionale dei giornalisti hanno dato ad Assange la tessera ad honorem e le iniziative finalmente si susseguono dopo la conferenza tenutasi presso la sede della Fnsi. Ma, qui da noi, gli emuli non mancano. Abbiamo i costanti attacchi alle trasmissioni non allineate come Report o Presa diretta. E la guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina è stata un ulteriore salto di qualità: l’aria serena dell’Ovest non può essere increspata dalla ricerca delle fonti e dall’indagine sul campo. L’omologazione è la regola. Chi dissente è perduto.
Giusta, quindi, l’idea di una iniziativa pubblica prima del voto. Importante e da organizzare insieme al tessuto sociale con cui collaboriamo costantemente.
Ma la domanda a mo’ di tormentone va rivolta subito a partiti e candidate/i: giurate sull’articolo 21 della Costituzione o l’avete già stralciato? Firmate, insieme a noi, la Carta fondamentale. Ora, dopo sarà troppo tardi.