Minacce evidenti e allusive, delegittimazione, e poi, come ultimo “avvertimento”, processi civili e penali, sono le mordacchie che fermano la libertà di stampa, in un Paese, l’Italia, che è ancora in 58esima posizione nella classifica stilata ogni anno daReporter Senza Frontiere. Un’altra scure per l’informazione sono le cosiddette SLAPP (strategic lawsuits against public participation).
Le vittime di querele bavaglio, così come vengono denominate in Italia, sono ogni anno innumerevoli: cronisti, blogger, registi, attivisti, difensori dei diritti umani, in Europa, come in tutto il mondo. A fargli causa spesso è il potente di turno, che, avendo a disposizione ingenti somme di denaro, può assoldare importanti studi legali, che di fatto riescono a rallentare, a zittire, avvilire le inchieste scomode e le voci critiche. Lo scopo della SLAPP, lo dicono le prime definizioni elaborate negli USA alla fine degli Anni Ottanta, non è tanto quello di vincere la causa, ma di farla durare il più a lungo possibile. Sottraendo, in questo modo, tempo, denaro, energia e motivazioni alla vittima, con l’unico unico scopo di farla desistere e infine tacere.
Per le istituzioni europee, come risulta chiaro dalle parole della vicepresidente della Commissione Europea Věra Jourová e della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović, le querele temerarie sono una minaccia alla libertà di espressione. Da qui le promesse di azioni concrete; perché per le vittime sono una rovina finanziaria, una causa di depressione e di malattia, un motivo di isolamento, un fattore di autocensura. Lo confermano da più parti studi e ricerche commissionate anche da Parlamento Europeo e OSCE, e lo ribadiscono le esperienze sul campo delle decine di ong che, insieme a OBCT (Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa), lavorano nella coalizione internazionale anti-SLAPP alla ricerca di soluzioni per aiutare le vittime. Proprio questa organizzazione nell’aprile del 2021 ha realizzato il sito www.the-case.eu. Uno strumento di informazione e contrasto, oltre che di sostegno, che raccoglie un’alleanza di organizzazioni non governative da tutta Europa per combattere la minaccia delle querele temerarie.
In uno scenario del genere, che si ripete da anni, dove se è in crisi la libertà di stampa è minacciata anche la democrazia, si sono sviluppate a livello locale nazionale e globale numerose iniziative culturali volte alla denuncia del fenomeno della minaccia alla libertà di stampa, ad un suo studio analitico e alla attivazione di reti di supporto civile e politico agli operatori dell’informazione sottoposti in qualche modo a rischi generici o specifici. Tra le varie iniziative il progetto culturale e solidale “Imbavagliati”, un festival internazionale di giornalismo civile, che a Napoli dal 2015 fa da megafono a quei cronisti che nei loro paesi sono stati minacciati, imprigionati, torturati, ma non smettono comunque di scrivere i fatti, raccontati dal punto di vista interno.
Anche “Imbavagliati”, negli anni, ha creato negli anni una rete di contatti attraverso i social, soprattutto grazie alla realizzazione di spot mirati, dove la componente emozionale riesce a superare quel muro di diffidenza, che l’opinione pubblica continua ad avere nei confronti degli operatori della comunicazione. I filmati, con un montaggio serrato, dove predomina una colonna sonora coinvolgente, riescono a restituire visivamente la passione, il sacrificio umano e professionale, che sono dietro le varie testimonianze.
Una vera e propria regia, con tanto di sceneggiatura, è stata sviluppata anche per le nostre campagne di sensibilizzazione, come “Slapp, il bavaglio con la cravatta”, che ha visto la sua produzione nell’edizione del festival del 2020. Un’operazione internazionale nata per dare voce alle vittime di Slapp (in Italia “querele temerarie o bavaglio”), ma anche ad analisti, avvocati e alle istituzioni europee. Questo filmato, ideato e diretto da Désirée Klain, portavoce di Articolo21 per la Campania, con la collaborazione alla sceneggiatura di Paola Rosà di Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa(OBCT), si è proposto come uno strumento di comprensione, un grido di allarme, un invito all’approfondimento.
Quasi il trailer di un legal thriller, lo spot, è un libero assemblaggio di frammenti che fanno solo intuire la portata del fenomeno. Il filmato dura pochissimi minuti, ma si tratta di racconti di vita, grazie alle testimonianze dei giornalisti: Federica Angeli, Antonella Napoli, Nello Trocchia dall’Italia, di Alexander Schiebeldall’Austria e Karl Bärdida Monaco di Baviera, di Charlie Holtconsulentedi Greenpeace, dell’avvocato Nicola Canestrini, dell’esperta di diritto internazionale Sarah Clarkee, del Presidente della Federazione Nazionale della stampa, Giuseppe Giulietti.
Purtroppo in Italia ancora non esiste una legge che regoli le querele temerarie, come tante altre “trappole” che minano il lavoro degli operatori dell’informazione. Uno per tutti il riconoscimento per la professione del giornalista dell’equo compenso: in Campania (la regione italiana con il maggior numero di giornalisti sotto scorta), i compensi per i precari si aggirano attorno a cifre mortificanti, che vanno dai tre ai sei euro ad articolo.
Per questo motivo, abbracciando il manifesto del presidente Giulietti, aderisco, come ideatrice e direttrice artistica del Festival Internazionale di Giornalismo Civile “Imbavagliati” e portavoce di “Articolo21 Campania” alla sua proposta di organizzare una grande manifestazione in vista del voto del 25 settembre, suggerendo anche uno sciopero nazionale di tutti i giornalisti precari.
Perché, se Giulietti nel suo post annuncia un’iniziativa “che non vuole solo di difendere le ragioni d’una professione, ma anche il diritto delle cittadine e dei cittadini ad essere informati in modo puntuale e completo”, la comunità si renderà facilmente conto di quante pagine vuote ci saranno in ogni quotidiano (circa l’ottanta per cento), di come molti servizi, anche del servizio pubblico radiotelevisivo, non andranno in onda, se i collaboratori delle varie testate incrociassero le braccia per un solo giorno. I precari sono il sangue dell’informazione italiana, tutti quei grandi organi centrali, non avrebbero ossigeno vitale, senza il loro instancabile lavoro…
Era un precario Giancarlo Siani, il giornalista napoletano assassinato dalla camorra nel 1985 nelle sua Mehari, simbolo di “Imbavagliati”, che si è sempre svolto al Pan/Palazzo delle Arti di Napoli, lì dove la macchina è custodita ne’ “La Stanza della Memoria” con lo slogan “Chi dimentica diventa colpevole”,
Dal coraggioso sacrificio di Siani, in questi trentasette anni, in Campania, come nel resto d’Italia, la professione del giornalista è solo peggiorata. In questa martoriata regione continuano ad essere “Figli di un’informazione minore”, quei giovani cronisti, che oltre a lavorare per una testata che non li riesce a tutelare o inventandosi editori, quando realizzano da soli dei blog, possono essere minacciati quotidianamente. Perché vivono in luoghi limite, come in provincia, dove i protagonisti delle loro inchieste, spesso scottanti, si possono incontrare ogni giorno. E tutto questo viene fatto con il magro compenso di pochi euro, che non bastano neppure a coprire le spese.
Nessuno può sentirsi libero senza la dignità del lavoro, a maggior ragione è sempre più difficile, in queste condizioni, difendere la libertà di stampa.
Anche di questo abbiamo parlato qualche mese fa, nell’accompagnare la tappa campana della missione MFRR. Un incontro organizzato da Claudio Silvestri, segretario del SUGC, in collaborazione con Articolo21 e Imbavagliati, che iniziò proprio con la significativa visita al Pan nella Sala della memoria dedicata al giornalista Giancarlo Siani e a tutte le vittime innocenti delle mafie, con Enrico Tedesco, segretario generale della Fondazione Polis, e Gianmario Siani, presidente della “Fondazione Giancarlo Siani”, nonché nipote del giornalista ucciso.
Poi ad Arzano sono stati ascoltati dalla vicepresidente della Commissione Europea Vera Jourova e dalla delegazione MFRR, Marilena Natale e Mimmo Rubio da anni sotto scorta armata, Luciana Esposito e il comandante della polizia municipale Biagio Chiariello, sotto scorta dopo l’ennesima minaccia di morte.
Tutti colleghi costantemente sotto minaccia, a causa del loro quotidiano lavoro di denuncia delle reti criminose e mafiose nei loro territori…. Loro sono stati “salvati”, anche grazie alla scorta mediatica di “Articolo21”, ma molti giovani cronisti continuano a rischiare la vita per pochi euro.
“La democrazia è fragile, e a piantarci troppe bandiere si sgretola” (Enzo Biagi)