Sono solo favole di Alchemico Tre è un progetto di spettacolo teatrale che coinvolge direttamente i bambini in veste di “spett-autori”: infatti, i disegni e le voci registrate degli alunni fanno parte integrante della messinscena, dando un’idea concreta di teatro ragazzi come partecipazione e contaminazione tra la scuola e il palcoscenico. Giacomo è ormai un adulto tipico: sempre di corsa e indaffarato, con tante cose serie a cui pensare e che non ha certo tempo di leggere ancora le fiabe e men che meno di scriverle egli stesso. Solo che sarà costretto a farlo per portare a termine un misterioso progetto di sua madre (una scrittrice di storie per bambini) che lo vede protagonista suo malgrado. Per potersi liberare dalla casa diventata improvvisamente una prigione, Giacomo dovrà fare affidamento sulla sua immaginazione ormai assopita, andando alla ricerca delle sue personali doti creative per finire le storie lasciate incompiute dalla madre (riscritture di alcune favole dei Fratelli Grimm). La madre assente aveva escogitato un modo per riportare Giacomo alle radici della sua infanzia lontana, proprio quando questi era giunto alla decisione di tagliare definitivamente i ponti con il proprio passato, vendendo la vecchia casa con tutti i suoi ricordi e le tracce di un’esistenza ormai scomparsa. Bravissimo e coinvolgente Michele Di Giacomo che rende lo spettacolo ancora più interattivo, coinvolgendo direttamente la platea a caccia di idee creative e fa un uso abbastanza equilibrato di strumenti digitali come le proiezioni video degli ambienti e dei disegni degli alunni. Nato come progetto di classe per consentire ai bambini di sperimentare il teatro durante “i tempi del distanziamento sociale” (orribile ossimoro purtroppo ancora in circolazione), ci auspichiamo che lo stesso possa essere rimodulato completamente in presenza, attraverso workshop da svolgere direttamente nelle scuole.
Teatro Gioco Vita, una delle realtà più durature del teatro ragazzi italiano, ha presentato in prima nazionale Cassandra – Perché non vedono il mondo intorno a noi crollare? di Enrica Carini e Fabrizio Montecchi, con Letizia Bravi e Barbara Eforo, disegni e sagome di Nicoletta Garioni. Rivisitare il mito della profetessa inascoltata per parlare in maniera radicale del presente, un presente, il nostro, cosi imbevuto di catastrofi (immani disastri ambientali, infiniti conflitti armati), diventa un’operazione teatrale molto interessante, soprattutto se fatta con il raffinato linguaggio delle ombre. Il potente testo di Enrica Carini sorregge la fragilità apparente delle sagome di cartone, quella della giovane Cassandra, una ragazza dei nostri giorni (potrebbe essere un’attivista ambientale) e quella della sua unica interlocutrice, l’anziana Arisbe, che la sprona a non abbandonare la sua missione. Cassandra, l’indovina condannata a vedere il mondo crollare, «cerca nel nero un ultimo pugno di parole» per trasmettere ai suoi sciagurati simili la cattiva novella ma si accorge che «non è rimasto niente, nemmeno la cenere». E allora come comunicare l’incomunicabile e perché tentarci ancora? Troppo lancinante il dolore, troppo grande la devastazione, troppo sordi gli esseri umani, votati al delirio della propria autodistruzione… eppure Cassandra deve continuare a provare. Purtroppo, verso la fine il testo perde mordente e la profetessa appare in veste di sopravvissuta a un non meglio precisato disastro epocale; sembra quasi scontata la suggestione dei pochi, fortunati superstiti che dovranno ricostruire il mondo dalle fondamenta. Insomma, anche dopo la tragedia, l’happy-end e la sopravvivenza dei buoni sembrano garantiti. Avremmo apprezzato maggiormente un finale aperto, capace di interrogarci e di graffiarci ancora anche dopo la calata del sipario. Inoltre, le proiezioni delle immagini di distruzione e dei vari gruppi di attivisti in rivolta avrebbero potuto essere più contenute, a nostro avviso.
Arriva dagli olandesi Dadodans, KLeuR+, una performance di danza indirizzata ai più piccoli. Lo spettacolo, ideazione di Gaia Gonnelli con la coreografia di Gaia Gonnelli e Candela Murillo, performer Mayke van Kruchten, può essere fruito dai 2 anni anche se è naturalmente del tutto superfluo parlare di limiti di età in questi casi. La performer indossa una tuta neutrale e la sua danza comincia come un gioco infantile, alla scoperta delle sfere metalliche di varie dimensioni che sono sparse per terra intorno a lei. Il corpo è libero di muoversi nello spazio e i gesti sono estremamente fluidi e flessuosi. Ben presto il ritmo si fa più incalzante e la figura danzante comincia ad aggredire lo spazio con sempre più convinzione. Dalle sfere metalliche fuoriescono delle polveri colorate (rosso, blu, verde, nero, arancione, giallo) che si mischiano sul corpo della performer e sul pavimento creando insolite geometrie cromatiche. Lo spettacolo è di una semplicità disarmante, un invito a sgombrare la mente di tutte le impalcature concettuali che l’appesantiscono inutilmente, per godersi la pura gioia di stare nell’attimo, lasciandosi cullare dal gioco di linee e dei cerchi colorati che prendono forma davanti a noi. Per i bambini, notoriamente liberi da impalcature concettuali o filosofeggianti, questo atteggiamento risulterà del tutto spontaneo perché a loro perfettamente congeniale e chi i bambini li conosce sa bene che non c’è felicità più grande dell’intingere le mani nei colori e cominciare a disegnare – cosa che sono caldamente invitati a fare alla fine dello spettacolo.
La giovanissima compagnia milanese Drogheria Rebelot è stata una piacevolissima sorpresa di questa edizione di Colpi di Scena con il suo Caro lupo, ricchissimo spettacolo di teatro d’ombre e teatro su nero, da un’ideazione di Miriam Costamagna e Andrea Lopez Nunes, con Miriam Costamagna, Andrea Lopez Nunes, Giacomo Occhi / Nadia Milani, regia, drammaturgia e cura dell’animazione Nadia Milani. Anche questa è la storia di una bimba che si perde nel bosco ma la presenza inquietante che la attira e la sembra spiare sin dall’inizio della storia è tutt’altra cosa rispetto al male evocato nel precedente spettacolo (Il bosco e la bambina de La Baracca – Testoni Ragazzi). Questa è la storia di una bambina molto vispa e curiosa, di nome Jolie che vive in un’incantevole casetta sperduta nel bosco, assieme ai suoi stralunati e operosi genitori di cui vediamo solo le mani sempre affaccendate e mai ferme. È inseparabile dall’orsetto di pezza Boh, per il quale è disposta ad affrontare le sue più grandi paure, il folto del bosco con le sue presenze oscure che stanno sempre in agguato, pur di salvare l’insostituibile amico – Boh, infatti un giorno scompare nel nulla al passaggio di un’ombra misteriosa e frusciante. E allora bisognerà disobbedire anche ai genitori, trasgredendo al divieto di lasciare la propria cameretta e correre nella candida neve per cercare Boh. Certo, Jolie è una bimba molto coraggiosa ma il bosco fa veramente paura soprattutto di notte, quando si è completamente soli e non si sa neanche dove andare. Per fortuna, l’intrepida bambina incontra tante creature gentili, disposte ad aiutarla e a guidarla nella sua ricerca, tra cui due simpatici alberi secolari, Nonno Nodo e Nonna Corteccia. Alla fine, tutto si risolve per il meglio, naturalmente, Jolie ritrova Boh e si fa un nuovo amico e i genitori ritrovano la loro bambina ma la tentazione di evadere rimane ancora forte – tanto che persino il pesce Arturo ne sarà irresistibilmente travolto (ma questa sarebbe l’inizio di una nuova storia). Abbiamo visto uno spettacolo curato nei minimi dettagli, capace di mischiare ammirevolmente tanti linguaggi scenici, che entusiasma anche per la notevole qualità estetica oltre alla maestria degli attori. Applausi meritati!
Arriviamo a uno degli spettacoli più belli e sontuosi: Anastasia. L’ultima figlia dello Zar, una produzione Equilibrio dinamico dance company/La luna nel letto,da un’idea di Roberta Ferrara, drammaturgia, regia, scene e disegno luci Michelangelo Campanale, coreografie di Roberta Ferrara, con Serena Angelini, Alberto Chianello, Beatrice Netti, Luca De Santis, Giulia Bertoni. È attraverso il linguaggio raffinato della danza che prende vita la travagliata storia di una ragazza misteriosa, scampata alla morte in un canale di Berlino, una donna che fino alla fine dei suoi giorni affermerà di essere Anastasia, l’ultima figlia dei Romanov, sopravvissuta al massacro dei bolscevichi. Dalla reclusione coatta in manicomio, sulle delicate note di un carillon, scaturiscono ancora mondi violenti, sprazzi di memoria, desideri strazianti, ideali mai raggiunti, felicità solo sfiorata. Anastasia è sempre in lotta, la sua esistenza non conosce tregua o riposo e la follia incombe a ogni passo. La sua triste storia, una ferita che non ha mai smesso di sanguinare, commuove ancora. Davvero di grande impatto questo arrangiamento anche grazie alle raffinate proiezioni video e alle musiche travolgenti.
Teatro Perdavvero ha portato in scena Il seme magico, produzione Accademia Perduta/Romagna Teatri. Lo spettacolo, con canzoni e musiche dal vivo prende spunto da un’antica leggenda cinese per far riflettere su una virtù tanto bella quanto rara ai nostri giorni: l’onestà. Il vecchio imperatore, temendo di morire senza eredi, indice una gara aperta a tutti i bambini del reame: il suo possente drago consegna a ogni bimbo un seme – chi se ne sarà preso maggior cura alla fine dell’anno sarà il nuovo sovrano perché, come dice la canzone: «Il nuovo imperatore della Cina/Può essere un bambino che coltiva/Le piante, i fiori/E se ha fame anche i pomodori». Mentre tutti i concorrenti si presentano al palazzo con i loro fiori spettacolari, dalle forme più incredibili, anzi più improbabili, Li è l’unico a portare un vaso vuoto, vincendo così il concorso. Sì, perché il drago aveva consegnato ai bambini solo semi cotti, dai quali sarebbe stato impossibile ottenere un germoglio. Una storia semplice ma di grande impatto per insegnare ai bambini di ogni età il valore senza prezzo della rettitudine. Qualcuno aveva scritto: “La ragione del teatro è dare all’uomo la misura dell’uomo, con verità” e i bravissimi Marco Cantori e Diego Gavioli riescono a farlo con pochi, semplici mezzi.
“Non occorre prendere alcun partito per partecipare al teatro, basta essere uomo”. Questa è una verità lampante ma delle volte bisogna proprio schierarsi, bisogna avere il coraggio di affermare con tenacia che buoni e cattivi non sono e non potranno mai essere uguali. E di tenacia, Papà Cervi, la quercia dai rami spezzati, ne ha dovuto avere in sovrappiù, in quantità sovrumane. Maurizio Bercini, accompagnato dalla fisarmonica di Elisa Sandrini, rende omaggio alla figura emblematica di Alcide Cervi, il contadino simbolo della Resistenza antifascista, cui sono stati assassinati sette figli. Non è tanto la storia di Cide che si vuole raccontare nel suo drammatico svolgimento, c’è invece il bisogno di soddisfare una pressante necessità: l’urgenza, in un mondo come il nostro votato all’oblio e alla superficialità, di preservarne la memoria, consegnando il bandolo della matassa alle nuove generazioni. Sono tanti gli oggetti che evocano questa pagina intensa della storia italiana e commuove il burattino di Cide che fa la sua timida comparsa alla fine, preceduto quasi dal pudore del suo indicibile dolore. La memoria è stata salvaguardata e questo è un bene: sembra approvare. Cide. I doni di papà Cervi, una produzione Teatro delle Briciole-Solares Fondazione delle Arti, realizzato in collaborazione con Istituto Alcide Cervi e Caracò Teatro.
Arriviamo ora alla rivelazione di Colpi di Scena: Scrooge – non è mai troppo tardi, creazione collettiva della compagnia svizzera PerpetuoMobileTeatro, con Brita Kleindienst, Marco Cupellari, David Labanca, maschere di Brita Kleindienst e Sara Bocchini. Tratto da A Christmas Carol di Charles Dickens, questo spettacolo è la prova vivente che “il teatro non è una convenzione ma un organo necessario”. La raffinatezza della ricerca artistica intrapresa dalla compagnia sul teatro fisico e la drammaturgia non verbale, si cristallizzano qui in una poesia pura, fatta di corpi che parlano senza bisogno di appoggiarsi alla stampella del vile verbo. Le partiture fisiche sono curate nei minimi particolari e le bellissime maschere intere aumentano la potenza simbolica di un linguaggio capace di trascendere tutte le barriere, a partire da quelle linguistiche. La storia di Scrooge è nota: alla vigilia di Natale, l’avaro banchiere londinese riceve la visita premonitrice del fantasma di Marley, il suo socio d’affari ormai defunto: “Mio vecchio amico, la tua ora si avvicina. Se non cambierai, rimarrai incatenato alla tua avidità, morendo solo e odiato da tutti”. Saranno soprattutto l’incontro con i tre spiriti del tempo e le loro terribili rivelazioni a convincerlo di ravvedersi. I tre attori che mettono in scena otto personaggi con undici maschere sono dei virtuosi del movimento, ma il tutto viene esaltato da tanti ingredienti mischiati sapientemente: le scenografie stilizzate, il disegno luci di Raphael Vuilleumier e le musiche originali di Dario Miranda. Un teatro nel quale è palpabile la familiarità con il grottesco e forse anche con gli insegnamenti di Artaud, un teatro capace di emozionare e di arrivare alle viscere grazie alla potenza inaudita del corpo. Ed ecco qui cosa può un corpo…
Colpi di Scena 2022 – il teatro non è una convenzione ma un organo necessario. Seconda parte